Parchi e ville storiche

Villa Doria Pamphilj
Villa Doria Pamphilj è una residenza storica che comprende il terzo più grande parco pubblico di Roma (184 ettari) dopo il Parco regionale dell'Appia antica ed il Parco regionale del Pineto, situata appena fuori dalle mura nel quartiere Gianicolense, sulle propaggini occidentali del Gianicolo, compresa tra via Aurelia Antica, via della Nocetta e via Vitellia. Al suo interno sorge il Casino del Bel Respiro o Algardi, che è sede di rappresentanza ufficiale del governo italiano.
Trae origine dalla tenuta di campagna dell'omonima famiglia nobile romana, progettata da Alessandro Algardi e Giovanni Francesco Grimaldi nel Seicento, dalla fusione di diverse vigne preesistenti. Fu espropriata nel corso del Novecento, divisa in due nel 1960 per l'apertura di via Leone XIII (tratto della via Olimpica), e aperta al pubblico nel 1972.
Quello che all'epoca era solo un modesto appezzamento agricolo fuori dalle mura gianicolensi, la cosiddetta Villa Vecchia, venne acquistata dal nobile Panfilo Pamphili il 23 ottobre 1630. Tra il 1644 e il 1652, mentre la famiglia Pamphili otteneva prestigio grazie al pontificato di Innocenzo X, fu affidata la progettazione della Villa Nuova allo scultore Alessandro Algardi e al pittore Giovanni Francesco Grimaldi, con la collaborazione del botanico Tobia Aldini per quanto riguardava i giardini.
Nel 1849 la villa fu teatro di una delle più cruente battaglie per la difesa della Repubblica Romana: le truppe francesi il 2 giugno occuparono villa Corsini, e il giorno successivo le truppe garibaldine tentarono invano di riconquistarla. Durante uno degli assalti morì il colonnello Angelo Masina e fu ferito a morte Goffredo Mameli, autore dei versi dell'inno nazionale italiano.
Nel 1856 la villa fu unita alla confinante Villa Corsini e tutto il complesso venne trasformato in una grande azienda agricola. Iniziati i primi espropri da parte del comune di Roma nel 1939, il nucleo originario della villa fu acquistato dallo Stato Italiano nel 1957. Oltre 168 ettari furono acquisiti dalla municipalità romana. La parte occidentale fu aperta al pubblico nel 1965 e la restante il 22 maggio 1971.
Rimane proprietà della famiglia Doria-Pamphilj la cappella funeraria opera di Edoardo Collamarini.
I viali all'interno del parco sono dedicati a donne famose:
Simone de Beauvoir, Cristina di Belgioioso, Sorelle Brontë, Maria Callas, Carla Capponi, Maria Carta, Camilla Cederna, Alda Costa, Oriana Fallaci, Artemisia Gentileschi, Natalia Ginzburg, Dolores Ibárruri, Anna Kuliscioff, Giorgiana Masi, Vittoria Nenni, Florence Nightingale, Anna Politkovskaja, Clara Wieck Schumann, Miriam Mafai.

Pincio
Il Pincio è una collina a Roma, situata a nord del colle Quirinale e che domina il Campo Marzio. Diverse ville e giardini occupano la collina, tra cui Villa Borghese. Oggi è in particolare il nome del piccolo ed elegante parco (Passeggiata del Pincio), di otto ettari, che domina la Piazza del Popolo. Dalla Piazzale Napoleone I, c’è una terrazza con una bellissima vista sulla piazza, San Pietro e il quartiere.Nell’antichità, questa collina era chiamata Hortulorum Collis (la collina del giardino). Il suo nome attuale deriva da una delle famiglie che lo occuparono nel quarto secolo: i Pincii. Dalla loro villa a nord della collina, rimangono le basi delle loro residenze, chiamate Muro Torto. Oltre i limiti della città originaria, fu incluso nelle mura Aureliane nel III secolo d.C. Sotto la repubblica, importante famiglie dell’antica Roma ci avevano ville e giardini, compresi forse quelli di Scipione e Pompeo. Con più certezza, c’erano i beni di Lucullo (i Lucullus Horti, giardini di Lucullus, dove fu ucciso da Messalina), e i Giardini di Sallustio. Fu fortemente urbanizzato dal tempo di Augusto: Agrippa vi costruì una villa e la sua tomba, e sua sorella Polla, il Porticus Vipsania. Vicino a Piazza Santi Apostoli c’era la caserma della prima coorte, e il mercato dei maiali: il Forum Suarium. Ai piedi della collina c’era il Sepolcro dei Domizi, che conteneva le ceneri di Nerone. Molte case occupavano i bordi di Via Lata dal II secolo d.C., inclusi grandi edifici in mattoni con alcuni piani (insule), portici e colonnati. Dal 273, Aureliano iniziò a costruire il grande Tempio del Sole, tra via del Corso e piazza San Silvestro. Molto più recentemente, Gian Lorenzo Bernini ha scolpito la Porta del Popolo, l’entrata nord della città attraverso la quale sono arrivati pellegrini, mercanti, imperatori, artisti, ecc. Dal 1816 al 1824, sotto Napoleone I, Giuseppe Valadier costruì l’attuale piazza e il grande giardino sulla collina del Pincio. Questo giardino, ora denominato “Pincio”, fa parte del parco della Villa Borghese, all’interno delle mura Aureliane. Fu il primo parco pubblico a Roma.Occupato da giardini e vigneti, la fisionomia del Pincio cambiò radicalmente nel 1811 con il progetto di Giuseppe Valadier, organizzando i viali delimitati da pini, palme e querce. Ne fece un luogo alla moda per passeggiare. Dalla Piazza del Popolo, il Viale Gabriele D’Annunzio sale sulla collina. In una delle sue curve, c’è una fontana interessante con una vasca di un antica terme, in granito rosso. Fu mossa più volte, è stata per un periodo in Piazza San Marco. In alto, raggiungiamo la Piazzale Napoleone I, in memoria dell’imperatore che avviato l’aredamento del Pincio. Da lì, la terrazza offre una splendida vista su Piazza del Popolo e una parte di Roma con San Pietro. Questa terrazza è supportata dalla monumentale mostra dell’Acqua Vergine, con i suoi due livelli, nicchie nella parte inferiore, e la loggia al piano superiore con colonne corinzie che incorniciano le tre arcate. obelisco pinciano Obelisco Pinciano o di Antinoo Il parco ha il suo obelisco Pinciano, noto anche come l’obelisco di Antinoo, perché fu costruito dall’imperatore Adriano e dedicato al suo amico annegato nel Nilo nel 130 d.C. Alto 9,25 metri, fu trasferito qui nel 1822 da un giardino del Vaticano. Originariamente decorava la tomba di Antinoo che doveva essere sul Palatino. Ma fu trovato nel XVI secolo nel Circo Variano (vicino a Santa Croce in Gerusalemme), dove fu installato da Eliogabalo. In via dell’Orologio, l’idrocronometro installato al centro di una fontana è un curioso orologio presentato all’Esposizione universale di Parigi nel 1867. Creato dall’orologiaio e monaco domenicano Giovanni Embriaco, il suo meccanismo è attivato dal movimento dell’acqua.

Villa Ada
Più grande di Villa Borghese e inferiore per estensione solo al Parco regionale dell'Appia antica e a Villa Doria Pamphilj, il parco urbano situato nel settore nord della città, lungo la via Salaria, è un magnifico esempio di giardino paesaggistico o all’inglese, adorno di numerosi edifici neoclassici ed eclettici. Nei suoi 160 ettari sono compresi anche i resti di Antemnae, una delle città più antiche del Lazio, costruita sul monte omonimo di fronte alla confluenza tra il Tevere e l'Aniene (Antemnae proviene da ante amnem, “di fronte al fiume”).
La storia di Villa Ada Savoia è legata soprattutto alla Casa Savoia che la possedette dal 1872 al 1878 e di nuovo dal 1904 al 1946. Ai Savoia si devono gli interventi maggiori realizzati al suo interno, anche se l’assetto generale della villa è il risultato delle sistemazioni realizzate già nel Settecento, quando le terre furono acquistate dalla Famiglia Pallavicini. Risale a questa fase il coffee-house presso il Casino Pallavicini, meglio conosciuto come il Tempio di Flora, affacciato su un giardino con al centro una fontana in ghisa. Passata nel 1839 alla Famiglia Potenziani, una potente famiglia di origine reatina, la villa fu infine acquistata nel 1871 dal Re Vittorio Emanuele II che, con il trasferimento della corte a Roma, nuova capitale del regno, decise di ampliarla con l’acquisto di alcune vigne confinanti. La proprietà venne così trasformata in un parco rustico all’inglese e in pochi anni furono costruiti il Casino Nobile, oggi sede dell'Ambasciata della Repubblica Araba d’Egitto, edifici residenziali e scuderie. Le tenute rurali vennero trasformate in un grandioso parco, popolato di piante esotiche e abbellito con piccole costruzioni, come lo Chalet svizzero e la torre gotica.
Nel 1878, alla morte di Vittorio Emanuele, la villa fu venduta al Conte Giuseppe Tellfner che diede alla proprietà il nome della moglie, Ada. Dal 1878 al 1901 la villa rimase di proprietà del conte. Vittorio Emanuele III riacquistò Villa Ada nel 1904 e la donò a sua moglie, la regina Elena. L’area verso il monte Antenne prese il nome di “Bosco regina Elena”. Nel 1904 fu costruito il portale monumentale e la villa fu arricchita da nuovi elementi. Durante la Seconda guerra mondiale, negli anni 1941-1942, venne realizzato un bunker antiaereo a pianta circolare per ospitare il re e la sua famiglia, aperto al pubblico dal 2006.
In seguito alla seduta del Gran Consiglio e dopo un incontro con il re, fu proprio a Villa Ada Savoia che venne arrestato Benito Mussolini il 25 luglio 1943. Con l’avvento della Repubblica e a seguito delle vicende ereditarie della famiglia reale, il parco è stato aperto al pubblico in diverse fasi, dal 1957 al 1996, anche se alcuni edifici sono ancora privati, e quindi inaccessibili.
Anche se il parco è ormai inserito nel centro abitato di Roma, chi passeggia per Villa Ada ha l’impressione di trovarsi immerso nella natura. Dall’accesso su via Panama, è possibile inoltrarsi in boschi di pini, lecci, allori e castagni, popolati da scoiattoli, ricci, conigli selvatici e ampie comunità di uccelli. Per questo Villa Ada Savoia è un luogo ideale per passare una giornata di sole, per fare jogging o semplicemente per passeggiare.

Parco della Caffarella
Parte integrante del Parco Regionale dell'Appia Antica, ne costituisce l'accesso principale e privilegiato. La valle della Caffarella si estende su circa 190 ettari tra le Mura Aureliane, via Latina e via dell’Almone.
Il nome della valle deriva dalla principale tenuta storica presente nella zona, il cinquecentesco Casale della Vaccareccia, con annessa torre medievale, appartenente alla famiglia dei Caffarelli che qui aveva i suoi possedimenti e che ne bonificò il territorio.
Il parco è attraversato dal fiume Almone, piccolo affluente del Tevere considerato sacro dagli antichi Romani, ed è ricco di testimonianze storiche e archeologiche edificate a partire dal VI secolo a.C. Tra queste, sepolcri, ville, torri e opere idrauliche, come le Valche, delle torri con funzione di mulini, risalenti al XI secolo che, poste nei pressi del fiume, permettevano la lavorazione e il lavaggio dei tessuti.
Il sentiero principale della Valle della Caffarella, teatro di miti e leggende legate alla storia di Roma, presenta importanti valori naturalistici per i suoi elementi di biodiversità ed è ricco di testimonianze storiche. Sembra, infatti, che, in epoca romana, il territorio appartenesse alla famiglia di Erode Attico (II secolo d.C.), il quale vi costruì la sua maestosa villa, il Pago Tropio. Il grande complesso comprende anche il suggestivo Ninfeo di Egeria, il Sepolcro di Annia Regilla (già conosciuto come Tempio del dio Redicolo) a forma di tempietto e la chiesa di Sant’Urbano, antico tempio dedicato a Cerere, a Faustina e Annia Regilla, moglie di Erode Attico.
Dall’ingresso di via Latina, altezza largo Tacchi e Venturi, se vi dirigete verso destra, potete raggiungere via della Caffarella: un tragitto di poco più di 6 km che termina sull’Appia Antica. Lungo il percorso potete ammirare il Casale della Vaccareccia, il Sepolcro di Annia Regilla e il fiume Almone. Il tracciato termina sull'Appia Antica, nei pressi della chiesa Domine Quo Vadis?, sorta sul luogo in cui, secondo la tradizione, dopo l’apparizione di Gesù, Pietro, pentito, decise di tornare a Roma dove fu crocifisso.
Meritano una visita le numerose Cave romane che si estendono per molti chilometri nel sottosuolo della Valle della Caffarella. Da queste, si estraeva la pozzolana in età romana; oggi, sono utilizzate per lo più come fungaie per la coltivazione dei funghi Pleus o dei più comuni Champignon.

Villa Celimontana
Villa Celimontana, una delle più amate dai romani, sorge sul colle Celio e ha l’ingresso principale in piazza della Navicella, adiacente alla chiesa di Santa Maria in Domnica.
La Villa ricopre un sito di età flavia e traianea del quale rimangono cinte murarie visibili solo in parte; in questa zona vi erano i castra della V coorte dei Vigiles e scavi della fine dell’800 hanno riportato alla luce i resti della Basilica Hilariana identificata come luogo di culto di Cibele e Attis.
L’area della Villa, occupata in epoca medievale da orti e vigneti, fu acquistata verso la metà del '500 da Ciriaco Mattei, che, affidandosi ad artisti dell’epoca, la trasformò in un parco ricco di giardini ornati da sculture antiche, fontane e aranci amari, e dall'obelisco egizio di Ramses II. Quest’obelisco, proveniente dal Tempio del Sole a Eliopoli - e che in età romana si trovava nel Santuario di Iside Capitolina - fu donato dal Senato a Ciriaco Mattei nel 1582 dopo essere stato per molto tempo alla base della scalinata dell'Ara Coeli.
Sempre a quest’epoca risale la costruzione del Casino Mattei o Palazzetto Mattei tradizionalmente affidata a Jacopo Del Duca, allievo di Michelangelo, attuale sede della Società Geografica Italiana. Alla morte di Ciriaco Mattei, la proprietà fu ereditata dal figlio Gian Battista che ampliò la superficie dei giardini con l'acquisto di terreni limitrofi: in questo periodo fu inserita una raggiera di sedici viali e un labirinto di siepi.
Con il trascorrere del tempo, le antiche collezioni di antichità della villa, acquistate dalla famiglia Mattei, andarono perdute o disperse e il parco fu rinnovato fino all'Ottocento, quando assunse le forme del giardino all'inglese.
La villa cambiò più volte proprietario, fino a quando venne acquistata dal demanio nel 1915 e ceduta nel 1925 al Comune di Roma che aprì il parco al pubblico.
L’area, immersa nella quiete, si presenta oggi come luogo ideale per colazioni all’aperto e passeggiate, oltre ad essere cornice estiva per concerti e spettacoli.

Appia Antica
Il Parco Regionale dell’Appia Antica è un luogo unico al mondo dove la storia si fonde con la natura e viceversa, dove la biodiversità vive a stretto contatto con i resti di un antico passato, tanto da poter essere definito un vero e proprio museo a cielo aperto. Questo cuneo verde, vasto ben 4.580 ettari (a seguito dell’ultimo ampliamento dell’ottobre 2018) è caratterizzato da diverse aree d’interesse: la Via Appia Antica e le sue adiacenze, la Valle della Caffarella, l’area archeologica della Via Latina e degli Acquedotti, la Tenuta di Tormarancia, la Tenuta Farnesiana e poi le aree del Divino Amore, Falcognana e Mugilla. Il Parco è talmente vasto da interessare ben tre comuni: quello di Roma, Ciampino e Marino. Il Parco è facilmente raggiungibile sia con i mezzi pubblici (bus e metro) che con i mezzi privati (ma in questo caso con delle limitazioni in alcune aree) e una volta raggiunta l’area d’interesse, è d’obbligo muoversi a piedi o in bicicletta al fine di rispettare quest’area protetta. Una rete fatta di Centri Informativi e punti di noleggio biciclette consentono di pianificare la giornata all’interno del Parco, fornendo mappe e mezzi per vivere la tua esperienza in uno dei Parchi più belli di Roma. È possibile visitare e scoprire anche gli angoli più segreti del Parco in maniera autonoma oppure richiedendo una visita guidata o meglio ancora partecipando al ricco programma di eventi organizzati direttamente dal Parco. Ogni Primavera e Autunno infatti il Parco organizza, in collaborazione con associazioni e altre realtà che da sempre lavorano per la difesa e la valorizzazione del territorio, un programma di visite guidate ed eventi disponibile on-line e presso la rete di accoglienza. All’interno di questa sezione una serie di mappe scaricabili e audioguide renderanno la scoperta del Parco più piacevole ed efficace.

Villa Glori
Villa Glori è un parco situato nel quartiere Parioli, in una posizione particolarmente gradevole: su un promontorio di una quarantina di metri di altezza (la cima è m 56 sul livello del mare), ricco di verde, che domina la valle del Tevere. L’ingresso carrabile del parco è in piazzale del Parco della Rimembranza mentre l’ingresso pedonale, in corrispondenza con viale dei Settanta, è in viale Maresciallo Pilsudski. E’ l’unica delle ville storiche comunali di Roma che non abbia avuto origini da una villa nobiliare. La sua origine è invece nel Parco della Rimembranza un parco realizzato nel 19.. e dedicato ai caduti italiani in tutte le guerre. Ma il fatto che il parco sia dedicato a caduti non genera nessuna tristezza. Nei vialetti tra querce, pini, ippocastani, olmi, platani, robinie, olivi, frotte di bambini corrono in bicicletta, giovani mamme sostano con i più piccoli in carrozzina e signori e signore in mutande (tute ginniche) corrono senza sosta.I fulcri del parco di Villa Glori sono diversi: il piazzale dell’Altare e la piazza del Mandorlo. Il piazzale dell’Altare è in una posizione panoramica sull’Auditorium, sul Villaggio Olimpico, sulla valle del Tevere e, in lontananza, Monte Mario, ed è caratterizzato da un monumentale altare che commemora i caduti italiani della grande guerra ed è ricoperto con preziosi marmi provenienti dall’Antiquarium. Secondo le intenzioni del progettista, l’altare con la sua alta croce luminosa avrebbe dovuto “dominare” la piana sottostante (dove oggi sorge l’Auditorium e la parte orientale del Villaggio Olimpico) e la valle del Tevere e “dialogare, in lontananza, con Monte Mario, che si erge a quasi due chilometri di distanza al di là del fiume. Oggi però il luogo e il monumento hanno perso la sacralità che i suoi creatori avevano voluto dargli: non c’è nessun panorama (completamente obliterato dalle chiome degli alberi intorno) e l’altare muto e solitario al centro della piazza, non trasmette nessuna emozione. Nella piazza del Mandorlo è conservata l’antica colonna di marmo di Pietrasanta messa lì nel 1885 a commemorazione dei garibaldini caduti nel 1867 (Monumento ai Settanta) . Qui infatti, nel 1867, avvenne lo scontro a fuoco con i carabinieri pontifici che pose termine all‘impresa dei Fratelli Cairoli e dei settanta patrioti garibaldini e il relitto del tronco del mandorlo (di cui è ormai è visibile solo il vecchio basamento in muratura) sotto cui fu adagiato Enrico Cairoli colpito da un proiettile dei papalini (Mandorlo di Enrico Cairoli). L’eroe risorgimentale fu poi portato in un casale lì vicino dove morì. Si tratta del cosiddetto Casale Cairoli, in realtà un casale dell’allora proprietario dell’area Vincenzo Glori, oggi ancora visibile nell’area recintata della Caritas. La storia dell’impresa è stata fedelmente raccontata in venticinque sonetti: Villa Gloria, di Cesare Pascarella. A conferma che la villa è dedicata a tutti i soldati italiani caduti nelle guerre, nel 2008, nel piazzale del Mandorlo, è stata collocata nel terreno una piccola lapide, dedicata ai carabinieri morti a Nassiryia (in IRAQ) nel 2003: IN MEMORIA / DEI / 19 VALOROSI ITALIANI / CADUTI A NASSIRYA / IL 12 NOVEMBRE 2003 e su un blocco di travertino all’estremità del piazzale si legge con lettere plumbee una scritta: AI MILITARI ITALIANI / CADUTI / IN TEMPO DI PACE / IL COMUNE DI ROMA. ROMA 16-7-1987. Gli assi viari interni al parco sono: la strada carrabile che dal grande cancello carrabile di piazzale del Parco della Rimembranza sale dolcemente sinuoso, lasciando alla sua sinistra il piazzale dell’Altare viale dei Settanta che dal grande portale pedonale (proveniente dalla demolizione a inizio Novecento di qualche villa nobiliare dei paraggi) che si apre in viale Maresciallo Pilsudski .. , sale ripido e rettilineo verso la sommità del colle dove sorgono le case famiglia di Villa Glori della Caritas una strada carrabile con accesso da via Venezuela, riservata al complesso delle Case famiglia Caritas che sorgono in alto, sul versante verso il Tevere una serie di strade minori intitolate ai compagni dei fratelli Cairoli nella sfortunata avventura del 1868: viale Alfredo Candida, viale Giovanni Mancini, viale Cesare Elisei, viale Pio Vittorio Ferrari, viale Angelo Perozzi, ecc.. I confini esterni del parco sono viale Maresciallo Pilsudski, via Giulio Gaudini che scende al Villaggio Olimpico, via Argentina, via Venezuela, lungotevere dell’Acqua Acetosa, via Antonio Sant’Elia e il piazzale del Parco della Rimembranza, dove termina viale dei Parioli. In cima all’altura in fondo a viale dei Settanta, ci sono degli edifici di proprietà comunale, tra cui il Casale Cairoli a il Dispensario o Colonia Marchiafava, che dal 1988 ospitano alcune lodevoli iniziative della Caritas, come la Casa Famiglia di Villa Glori, nate dall’idea di ridare ad un parco la sua funzione di luogo della memoria collettiva e aggregazione e solidarietà sociale. Ancora per questo fine, nel 1997 sono state collocate nel parco diverse opere di artisti contemporanei ed è nato Il Parco di scultura di Villa Glori. Lungo il viale carrabile che sale, poche decine di metri da piazzale del Parco della Rimembranza, a destra è collocata una fontana con sarcofago, chiusa da anni (con una brutta recinzione) per il rischio di crollo della paretina sovrastante. Le attrezzature del parco (un chiosco bar, un recinto per i pony e i giochi per i bambini) sono nel pianoro basso intorno adiacente a viale Maresciallo Pilsudski e accessibili dal grande portale proveniente da qualche villa nobiliare distrutta. Prima che l’ing. Vincenzo Glori acquistasse questi terreni l’altura era conosciuta come Rupe Boncompagni, in quanto il versante originario del colle verso il Tevere (dove ora corre lungotevere dell’Acqua Acetosa) era realmente ripido e pericoloso. Anticamente il colle era chiamato Monte Caciarello e ancora prima Saxum Mollaricum.

Villa Lazzaroni
Villa Lazzaroni è un importante esempio di trasformazione, alla fine del secolo XIX, di un insediamento agricolo e produttivo del suburbano di Roma in residenza padronale, fenomeno molto diffuso in quell'epoca. Dove si trova: Municipio VII, quartiere Appio - Latino Epoca: fine XIX secolo Estensione: 54000 mq Ingressi: via Appia Nuova 520, 522, via Tommaso Fortifiocca 25,27 e 31,71 (ingressi al parcheggio) Situata nel tratto urbano della via Appia Nuova, è frequentata dai cittadini della zona che qui trovano, nell'edificio principale della villa, la sede del VII Municipio. Sembra plausibile datare l'acquisizione dell'area e la trasformazione dell'edificio da parte della famiglia Lazzaroni agli ultimi decenni del sec. XIX. All'epoca i Lazzaroni, famiglia di nuove fortune, titolata di baronia motu proprio di Umberto I dell'aprile 1879, risultavano proprietari del Palazzo Grimaldi a largo dei Lucchesi e di alcune tenute nell'Agro romano, come quelle di Tor di Quinto e Leprignana. La realizzazione di una villa "di delizia" era quindi indispensabile per completare l'immagine dei neoaristocratici in cerca di legami, almeno simbolici, con la grande nobiltà romana dei secoli precedenti. I lavori di ristrutturazione effettuati nella vigna sulla via Appia Nuova si limitano comunque all'ampliamento del casale rustico preesistente. L'intervento di riqualificazione dell'edificio fu incentrato sulla decorazione del prospetto settentrionale e l'inserimento di un corpo occidentale per dotare l'edificio di un grande salone da adibire a balli e ricevimenti. Il parco fu una creazione originale dei Lazzaroni, concepito come ricco giardino padronale, seguendo il gusto paesaggistico eclettico tipico della fine del secolo scorso. Si possono ancora riconoscere quattro fontane rustiche, a scogliera di tufo, sistemate nei punti cruciali del sistema viario; due, circolari, coronano gli slarghi prospettici che raccordano i diversi percorsi, altre due abbelliscono, assieme ad alcune aiuole, le aree antistanti il prospetto nobile e il salone dei ricevimenti. L'accurata selezione delle essenze botaniche andrebbe collegata alle attestate competenze in materia di giardinaggio del barone Michele. Sono oggi presenti alcuni vecchi ulivi, che testimoniano l'origine agricola della villa, allori, un mandorlo di 130 anni, pini da pinoli e pini di Aleppo, abeti, tassi ad ombrello. Elementi di impronta esotica sono la Pawlonia tomentosa, araucaria, Acacia karoo, Lagerstroemia, albero di Giuda, Gingko biloba. Dagli inizi del '900 alterne vicende hanno alterato l'aspetto e le proporzioni del complesso. Già nel 1908 esso venne utilizzato come ricovero per gli orfani del terremoto di Messina. Scongiurato nel 1930 il pericolo di una probabile lottizzazione dei terreni, la Villa passò, dopo l'ultima guerra, in proprietà dalla Provincia Italiana dell'Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Maria, che ampliarono l'edificio principale. Nel 1960-61 vennero, inoltre, costruiti un orfanotrofio (poi diventato asilo) e una chiesa (oggi trasformata in teatro). Sempre in quegli anni, con una permuta vennero ceduti al Comune 2 ettari di parco a nord, e venne realizzato un muro divisorio tra le due proprietà con il risultato di alterare pesantemente l'aspetto del giardino. La successiva risistemazione del giardino cambiò ulteriormente l'assetto paesaggistico con l'inserimento di nuove attrezzature (pista di pattinaggio, campi di bocce, giochi per bambini), ma soprattutto di nuove alberature estranee alla sistemazione originaria. Nel 1979 il Comune di Roma acquisì tutta l'area, ristrutturò l'edificio padronale adibendolo a sede degli uffici della IX Circoscrizione e abbatté il muro divisorio. Orario: dalle 7.00 al tramonto

Laghetto dell'Eur
Il Laghetto dell'Eur è un bacino artificiale con una superficie di ben 85.120 metri quadrati e con una profondità massima di circa 3 metri. Doveva essere realizzato per l'Esposizione Universale del 1942, e infatti fu progettato nel 1937, ma la sua realizzazione avvene in occasione dei Giochi Olimpici del 1960. L'acqua viene immessa dal "Giardino delle Cascate", che si trova nel lato sud, mentre fuoriesce da sbocchi che si trovano principalmente nel lato nord. Il laghetto fa parte del più ampio Parco Centrale dell'Eur, progettato dall'architetto Raffaele De Vico, che ospita una ricchissima quantità e varietà di flora e fauna. In particolare sono presenti pini, plame, pitsporo, cedri del Libano, sipei, lecci, taxus disticum e lauroceraso. Lungo la passeggiata del Giappone sono presenti i magnifici cieligi del Giappone, donati dalla città di Tokyo. Tra la fauna sono presenti numerose specie ittiche come persico sole, carpa e carassio, ma anche uccelli come gabbiani e anatidi, oltre a una nutrita presenza di tartarughe. Dal 1970 circa, inoltre, sono state effettuate ripetute immissioni di trota, tinca e scardola. Oggi nel laghetto dell'Eur si svolgono alcune attività sportive, soprattutto canottaggio. È vietato pescare

Gianicolo
La Passeggiata del Gianicolo, da cui si gode uno dei panorami più suggestivi del centro storico di Roma, è costituita da due grandi viali alberati da platani, costeggianti la Villa Aurelia, che si riuniscono nel piazzale Garibaldi. Dove si trova: Municipio I, Rione XIII - Trastevere Epoca: II metà XIX secolo Estensione: 3,5 ettari Ingressi: via Garibaldi, salita di Sant'Onofrio Proseguono poi in un'unica strada che scende a tornanti verso la chiesa di Sant'Onofrio, realizzata a completamento della Passeggiata nel 1939. L'area, teatro delle vicende eroiche dei combattenti per la Repubblica romana nel 1849, fu trasformata nel 1883 dalle nuove istituzioni italiane in passeggiata pubblica e dedicata alla memoria della Difesa di Roma. Ai bordi dei viali sono collocati i busti dei garibaldini illustri che hanno combattuto per la difesa di Roma nel 1849. Il 9 febbraio 1849 fu proclamata la Repubblica Romana, che ebbe vita breve, nonostante l'intervento difensivo di Giuseppe Garibaldi. Il 24 aprile un corpo di spedizione francese al comando del generale Charles-Victoir Oudinot sbarcò a Civitavecchia con l'intento di restituire Roma a Pio IX, fuggito a Gaeta. Dopo una prima sconfitta a Porta San Pancrazio, ricevuti rinforzi, i Francesi sferrarono, agli inizi di giugno, l'attacco decisivo: il colle gianicolense fu bombardato e preso d'assalto, e a nulla valsero le barricate difensive dei mazziniani e dei garibaldini. Le vicende eroiche di quei valorosi combattenti assursero a esempio di lotta per la libertà e per la patria e divennero epopea. Nel 1883 le nuove istituzioni "italiane", Stato e Comune, acquistarono l'area per trasformarla in passeggiata pubblica, dedicandola alla memoria della Difesa di Roma. La sistemazione del Gianicolo a giardino pubblico era iniziata, in realtà, già sotto il Governo pontificio, con la collocazione, nel 1857, di un busto a Torquato Tasso presso l'antica quercia dove il poeta si ritirava a meditare. Tra il 1865 e il 1868, su progetto dell'ingegnere municipale Federico Arcangeli, fu realizzata la strada che dall'odierna via Garibaldi sale a tornanti verso San Pietro in Montorio: la passeggiata aveva l'aspetto di un'alberata di olmi, robinie, platani e meli e azedarach, e l'area oggi occupata dall'Ossario garibaldino era sistemata con un giardino all'inglese. Già il Piano Regolatore del 1873 prevedeva la realizzazione di una "Passeggiata Margherita" sul crinale del colle per la creazione di un collegamento a monte tra Borgo Santo Spirito e Porta San Pancrazio. Bisognerà tuttavia attendere il 1881 quando, avviata la predisposizione del nuovo Piano Regolatore, il pubblico passeggio del Gianicolo divenne una realtà urbanistica. Così il 20 maggio 1883 il principe Tommaso Corsini vendette allo Stato e al Comune le proprietà sul colle e lungo via della Lungara. La zona collinare, comprensiva del "casino a monte" dei Corsini, andò al Comune mentre la parte sottostante allo Stato. I lavori per il nuovo passeggio, nel tratto fino a Sant'Onofrio, iniziarono nell'ottobre del 1883 per concludersi definitivamente nel 1896, anche se parti della passeggiata erano comunque agibili al pubblico fin dal 1887. Nel 1886 il casino Corsini era stato oggetto di una proposta di trasformazione in "vedetta appennina" da parte della sezione romana del Club Alpino, una torretta-osservatorio consistente in un semplice padiglione dotato di cannocchiale mobile. La "vedetta", progettata dall'ingegner Paolo Emilio De Sanctis in forme neomedioevali, costituì, per qualche anno una delle attrattive della passeggiata, ma ebbe vita breve: essa fu demolita nel 1895 per far posto al monumento a Garibaldi. Nel 1928, per sopperire alla mancanza d'acqua, fu costruito un serbatoio interrato all'interno del bastione prossimo all'ingresso su Porta San Pancrazio. Il manufatto fu mascherato sulla fronte dalla ricostruzione della cosiddetta "Casa di Michelangelo": si tratta della facciata di un palazzo, ritenuto il domicilio romano dell'artista dal 1531, che sorgeva in via delle Tre Pile, presso il Campidoglio; nel 1930 venne demolito per far posto alla costruzione del Vittoriano risparmiandone però il prospetto. Collocato in un primo tempo a lato della scalinata del Campidoglio, fu spostato nell'attuale posizione nel 1941, secondo il progetto di Adolfo Pernier. La curiosità Dal 1904, sotto il Belvedere del Gianicolo, alle ore 12 in punto tre soldati ogni giorno caricano un obice a salve e sparano un colpo. La tradizione del colpo di cannone risale a Pio IX che, per evitare confusioni di orario, istituì nel 1846 questo servizio. Prima di approdare al Gianicolo, il cannone sparò dalle torri di Castel Sant'Angelo e poi da Monte Mario. Monumenti Celebrativi Sin dall'inizio si pensò ad un arredo "celebrativo" che potesse rievocare i contenuti patriottici della storia del luogo. Sulla sommità della Passeggiata (piazzale Garibaldi), sullo slargo dove sorgeva il casino Corsini, il Consiglio Municipale decise di erigere un monumento in onore di Giuseppe Garibaldi. Nel 1884 la commissione incaricata di vagliare i progetti scelse la proposta di Emilio Gallori. Si trattava di una grande statua equestre su alto basamento decorato da gruppi bronzei raffiguranti episodi di battaglie garibaldine e le allegorie dell'Europa e dell'America. Il monumento, a cui l'artista cominciò a lavorare nel 1886, fu inaugurato il 20 settembre 1895. Intanto, con una deliberazione del 26 luglio 1884, la Giunta Municipale di Roma aveva accettato la proposta della Commissione Busti e Lapidi di destinare la Passeggiata del Gianicolo "ai busti dei patrioti che s'illustrarono per la difesa e per la liberazione di Roma". Così, tra il 1885 e il 1888 vennero collocate al Gianicolo numerose erme di eroi garibaldini. Ancora nella prima metà del XX secolo furono sistemati diversi busti realizzati da importanti scultori, quali, tra gli altri, Ettore Ximenes, Ettore Ferrari, Giovanni Prini, Giovanni Nicolini, Publio Morbiducci, Amleto Cataldi. Oggi se ne contano 84: tra essi, ad esaltare l'idea di un "risorgimento trasnazionale", figurano anche quattro garibaldini "stranieri": l'inglese John Peard (Giovanni Paganucci, 1860, collocato nel 1904), il finlandese Herman Lijkanen (Bino Bini, 1961), l'ungherese Istvàn Türr (Róbert Csíkszentmihályi, 1998-1999) e il bulgaro Petko Voivoda (Valentin Starcev, 2004). Completano l'insieme dei monumenti celebrativi gianicolensi il Monumento equestre ad Anita Garibaldi, realizzato invece da Mario Rutelli e inaugurato nel 1932, e il faro donato alla città dagli Italiani d'Argentina in occasione del cinquantenario dell'unità d'Italia e per commemorare Roma capitale (19 Settembre 1911). In occasione del 17 marzo 2011, 150° anniversario dell’Unità d’Italia, sono stati restaurati il monumento a Giuseppe Garibaldi, il monumento ad Anita Garibaldi, il Faro degli Italiani, gli 84 busti degli eroi garibaldini e le 4 stele dedicate ai combattenti per la Repubblica Romana della Passeggiata del Gianicolo. È stato inoltre restaurato e trasferito all’interno del Gianicolo stesso, il monumento ad Angelo Brunetti detto Ciceruacchio, prima collocato sul lungotevere in Agusta.

Villa Borghese
Il nome della villa deriva dalla prima residenza del Cardinal Scipione Borghese, il “Casino Nobile”, fatto edificare all’inizio del Seicento su progetto di Flaminio Ponzio e di Giovanni Vasanzio e trasformato nel Novecento in museo, una delle più prestigiose raccolte di opere d’arte dal XVI al XVIII secolo, con capolavori di artisti quali Raffaello, Tiziano, Caravaggio, Bernini e Canova.
Villa Borghese ospita numerosi edifici storici coevi, quali il Casino del Graziano, il Casino Giustiniani, l’Uccelliera e la Meridiana con i meravigliosi giardini segreti, ripristinati secondo l’originario assetto seicentesco; accoglie numerosi edifici neoclassici e ottocenteschi quali il Casino dell’Orologio, la Fortezzuola, l’ampio Giardino del Lago, ridisegnato e realizzato nel 1786 da Antonio Asprucci, caratterizzato da un romantico isolotto artificiale su cui domina il Tempietto di Esculapio, raggiungibile anche con brevi escursioni in barca. La Villa è dotata di strutture per il tempo libero, il gioco, e la diffusione culturale: il Museo Canonica, casa-studio dall’artista Pietro Canonica, il Casino di Raffaello con una ludoteca per bimbi, la Casina delle Rose con la Casa del Cinema, l’eclettico giardino zoologico recentemente convertito in Bioparco, l’Aranciera trasformata nel nuovo Museo Carlo Bilotti con opere di arte contemporanea. In prossimità di Piazza di Siena, è stato allestito un ampio padiglione teatrale a pianta circolare, il Globe Theater, su modello dei teatri elisabettiani, associato alla programmazione shakespeariana.
Il Parco di Villa Borghese occupa una vasta area nel cuore della città, compresa tra il tratto delle Mura Aureliane che unisce Porta Pinciana a Piazzale Flaminio, ed i nuovi quartieri Salario e Pinciano sorti nei primi anni del Novecento.
È tra le ville romane una delle più ricche di testimonianze artistiche e paesaggistiche. Al suo interno racchiude edifici, sculture, monumenti e fontane, opera di illustri artisti dell'arte barocca, neoclassica ed eclettica, contornati da alberi secolari, laghetti, giardini all'italiana e grandi spazi liberi. Comprende una gran quantità di specie sempreverdi, tra cui lecci e platani (alcuni risalenti al primitivo impianto), pini domestici con esemplari bicentenari, abeti, cedri. Tra gli arbusti sono comuni l'alloro e il bosso.
Per la sua incredibile concentrazione di musei e istituti culturali, la villa è definita "Parco dei Musei".
Descritta nelle guide della città di tutte le epoche, ritratta da artisti famosi, ispiratrice di celebri musiche e di intense pagine di letteratura, Villa Borghese lascia trasparire ancora oggi, negli scorci inattesi del suo parco, lo splendore di un tempo.

Villa Torlonia
Originariamente di proprietà della famiglia Pamphilj, Villa Torlonia era una delle numerose tenute agricole, rigogliose di frutteti, vitigni e canneti, lungo la via Nomentana. Acquistata nel 1760 dai Colonna, alla fine del Settecento fu ceduta al banchiere Giovanni Torlonia, che commissionò a Giuseppe Valadier il progetto di trasformazione della proprietà rurale in sontuosa residenza, attraverso la realizzazione del Casino Nobile, del Casino dei Principi e delle Scuderie.
Nel 1832, l’erede Alessandro Torlonia incaricò Giovan Battista Caretti, architetto e pittore, di proseguire i lavori di abbellimento, con la costruzione di altri fabbricati, come il Tempio di Saturno, le finte rovine di gusto neo-classico, una Tribuna con fontana, un Anfiteatro e la caratteristica Caffè-House.
Alessandro impiegò poi altri due architetti: Quintiliano Raimondi, per il Teatro e l'Aranciera (oggi comunemente chiamata "Limonaia"), e il paesaggista Giuseppe Jappelli, responsabile della sistemazione dell'intera sezione sud della Villa.
In linea con il gusto dei giardini romantici, “all’inglese”, quest'area fu completamente trasformata in modo scenografico, con viali irregolari, laghetti, piante esotiche, e decorata con edifici e arredi da esterno di gusto insolito: la Capanna Svizzera, la Serra, la Torre, la Grotta Moresca, il Campo per tornei e, nel 1842, due Obelischi in granito rosa, dedicati alla memoria dei genitori Giovanni e Anna Maria Torlonia.
Il nuovo erede Torlonia, Giovanni, fece realizzare il Villino Medievale, un nuovo muro di cinta, il Villino Rosso, il Villino di guardiania, e trasformò radicalmente la Capanna Svizzera nell’eclettica Casina delle Civette.
Dopo un lungo periodo di abbandono, la villa divenne residenza dei Mussolini dal 1925 al 1943. La famiglia alloggiava nel Palazzo, mentre il Villino Medievale e la Limonaia erano utilizzati per feste ed eventi culturali e il Campo da Tornei come campo da tennis. Il parco fu invece trasformato negli orti di guerra: coltivazioni di grano e patate, pollai e conigliere. Dal giugno del 1944 al 1947, il complesso fu occupato dalle truppe anglo - americane.
Nel 1978, Villa Torlonia è stata acquisita dal Comune di Roma e trasformata in un parco pubblico dalla splendida vegetazione: lecci, bambù, robinie, palme azzurre, palme della California, castagni secolari e alberi da frutta − fichi, ciliegi, susini, meli e melangoli.
Attualmente, la villa ha riacquistato l’antico splendore, offrendo al pubblico tre sedi museali espositive: il Museo della Casina delle Civette, dedicato alla vetrata artistica, Il Museo del Casino Nobile, che ospita il Museo della Villa e la collezione della Scuola Romana, Il Casino dei Principi, sede dell’archivio della Scuola Romana e spazio per mostre temporanee.
Un gradevole punto di ristoro si trova presso La Limonaia, mentre, nell’attiguo Villino Medioevale ha sede la ludoteca Technotown.

Parco degli Acquedotti
Uno dei parchi più affascinanti di Roma è racchiuso tra Via Appia e Via Tuscolana e si estende per circa 240 ettari, tra le attrattive paesaggistiche della campagna romana fino ai Castelli e un’atmosfera sospesa nel tempo, godibile soprattutto alla luce rosa del tramonto, quando le imponenti arcate dell’acquedotto Claudio e dell’acquedotto Felice, incorniciate dai pini, si stagliano controsole in tutta la loro suggestiva ed evocativa bellezza.
Ricchissimo di storia, il Parco degli Acquedotti, è uno dei polmoni verdi della città e fa parte del Parco Regionale Suburbano dell’Appia Antica. Il suo nome deriva dal fatto che qui si trovava il punto fondamentale di snodo della rete idrica dell’antica Roma, punto dove si intersecavano, congiungevano e sovrapponevano gli acquedotti che rifornivano di acqua la Capitale, le immense ville patrizie, le terme e le fontane.
Gli stessi seducenti paesaggi di natura selvaggia e ancora incontaminata hanno incantato grandi artisti, letterati, pittori paesaggisti, e i giovani aristocratici che nell’età romantica intraprendevano il Grand Tour, l’irrinunciabile viaggio per imparare a vivere.
Passeggiare all’interno del parco vuol dire concedersi qualche ora di completo relax lontano dal caos cittadino, tra sentieri costeggiati da ruscelli, cascate, alberi e pascoli, e ovviamente immergersi nell’atmosfera della Roma del passato.
Nella zona si possono contare ben sette acquedotti: l’Anio Vetus, l’Anio Novus, quello dell’Aqua Marcia, della Tepula, l’acquedotto Iulia, quello dell’Aqua Claudia e l’Acquedotto Felice, tuttora funzionante, edificato nel 1585 da Papa Sisto V, Felice Peretti, sulle arcate dell’Acquedotto Marcio. Oltre ai succitati acquedotti, in quest’area sono presenti altri interessanti edifici antichi, tra cui la villa delle Vignacce, il casale di Roma Vecchia e la Villa dei Sette Bassi.
Oggi, gran parte dei condotti non è più visibile, sia perché molti avevano un percorso sotterraneo sia perché in diversi casi, alle strutture esterne degli acquedotti più antichi sono state sovrapposte nel tempo quelle più recenti.
Anio Vetus
Realizzato tra il 272 ed il 269 a. C., era lungo circa 64 chilometri e spostava 180 mila metri cubi d’acqua al giorno. Il suo condotto è sotterraneo e solo un breve tratto ne emerge vicino a Via del Quadraro. E’ il secondo più antico acquedotto romano, dopo quello dell’acqua Appia, ma è il primo che prendeva l’acqua dal fiume Aniene, di cui segue il percorso fino a Tivoli.
Aqua Marcia
E’ l’acquedotto con ha il percorso più lungo: 91 chilometri e una portata di 190 mila metri cubi giornalieri che giungeva fino in Campidoglio. Fatto costruire nel 144 a.C. dal pretore Quinto Marcio, veniva alimentato da una sorgente localizzata al XXXVI chilometro della via Tiburtina Valeria, tra Arsoli ed Agosta. Questo acquedotto fu il primo ad utilizzare il sistema delle arcate, due tronconi delle quali sono ancora ben conservate alle spalle del Casale di Roma Vecchia, il resto della struttura fu oscurato da quella dell’acquedotto Felice che segue il suo stesso percorso.
Aqua Tepula
Edificato nel 125 a. C. dai consoli Gneo Servilio Cepione e Lucio Cassio Longino, traeva le sue acque tiepide - 16/17 gradi - , da fonti alle falde dei Colli Albani, tra Grottaferrata e Marino, attraverso un condotto sotterraneo. Parte di esso era visibile all’incrocio tra via Latina e via Appia Nuova, ma le sue strutture, come per l’acquedotto Marcio, furono inglobate dall’Acquedotto Felice.
Aqua Julia
La sua acqua venivano trasportate in un condotto sotterraneo dalle sorgenti di Squarciarelli, vicino Grottaferrata. Fu realizzato nel 33 a.C. dal console Agrippa. Le sue strutture non sono più visibili perché distrutte o utilizzate per l’acquedotto Felice.
Claudio E Anio Novus
Al tempo della loro costruzione iniziata dall’Imperatore Caligola nel 38 d.C. e ultimata da Claudio nel 52 d.C, Roma contava già oltre 1 milione di abitanti e aveva un massiccio fabbisogno di acqua per le numerose attività quotidiane pubbliche e private. Nel loro percorso attraverso il Parco, i due condotti si inglobano e si sovrappongono nella medesima struttura ad archi ma, mentre l’Anio Novus estraeva le sue acque dall’Aniene, il Claudio le attingeva dalle sorgenti Cerulea e Curzia, poco distanti dall’acqua Marcia. L’acquedotto Claudio era lungo circa 68 km e aveva una capacità di 185 mila metri cubi di acqua al giorno. 155 piloni ne sorreggono le arcate alte fino a quasi 28 metri che incrociano l’acquedotto Marcio e dopo deviano verso l’Appia Antica per incrociarlo di nuovo all’altezza di Tor Fiscale. L’Anio Novus, così chiamato per distinguerlo dal Vetus, aveva un percorso di 87 km: 73 sotterranei e 14 sopra terra. Il suo corso era parallelo a quello dell’acquedotto Claudio e in zona Capannelle si sovrapponeva a esso.
Felice
Fatto costruire da Papa Sisto V, ricavava le sue acque dalle fonti di Pantano Borghese, sulla via Prenestina. In condotto sotterraneo fino alla tenuta di Roma Vecchia, dove si trova uno dei torrini che ne permetteva l’accesso per la manutenzione, prosegue da qui fino alla fontana del Mosè di Largo di Santa Susanna. Le sue arcate sono ben visibili fino a Porta Furba. Da Via del Mandrione a Porta Maggiore si sovrappone all’Acquedotto Claudio.
La Villa delle Vignacce, il Casale di Roma Vecchia e la Villa dei Sette Bassi
La Villa delle Vignacce è una delle più grandi ville suburbane di questa zona ed è databile tra il II e il IV secolo d.C.. Fu probabilmente costruita da Quinto Servilio Pudente, ricco produttore di laterizi del tempo di Adriano (117-138 d.C.), come sembrano dimostrare alcuni bolli di mattoni e tubi di piombo recanti il suo nome, rinvenuti negli scavi. I resti conservati della villa si riferiscono a un grande complesso termale e a una cisterna a due piani, alimentata dal vicino Acquedotto Marcio.
Il Casale di Roma Vecchia e la località in cui si trova prendono nome dalla vicina villa dei Sette Bassi in quanto, data la grande estensione delle sue rovine, nel Settecento si riteneva che queste appartenessero a un’altra città antica simile a Roma. Si tratta di un casale-torre, situato lungo la via Latina, probabilmente sul luogo di una antica stazione di posta, risalente al XIII secolo. Il casale si trova in posizione strategica, tra gli acquedotti dell’Aqua Claudia e Marcia. Accanto al Casale di Roma Vecchia corre il fosso dell’Acqua Mariana, detto marrana già nel medioevo.dell’Acqua Mariana, detto marrana già nel medioevo.

Villa Sciarra
Villa Sciarra è una delle ville urbane di Roma con un’estensione di sette ettari e mezzo situata sulle pendici del colle Gianicolo tra i quartieri di Trastevere e Monteverde Vecchio, addossata alle Mura gianicolensi, cui si accede da due possibili ingressi: il primo su piazzale Wurts, progettato da Pio Piacentini, che prende il nome dall’ultimo proprietario, George Washington Wurts, al quale si deve la disposizione del giardino e dei monumenti in esso contenuti, ed il secondo su largo Filippo Minutilli. Prende il nome dalla famiglia nobile pontificia degli Sciarra. Superato il cancello di via Calandrelli ci si immette in un piccolo slargo sulla cui sinistra si trova una bella fontana con motivi rupestri, la fontana belvedere progettata da Enrico Gennari ed Ugo Gennari nel 1910-12. Viale delle Mura Gianicolensi, 11, 00153 Roma RMDallo slargo si dipartono tre viali. Se si va a destra, percorrendo viale Klitsche, si incontra una grande uccelliera in ferro fatta costruire da G. Wurts per essere adibita all’allevamento dei pavoni bianchi. Proprio di fronte ad essa c’è la Fontana dei Satiri: anche questa fontana proviene da Palazzo Visconti di Brignano Gera d’Adda, e dopo il trasporto venne ricostruita nella sua interezza a Villa Sciarra. È composta da un articolato gruppo di satiri e satirelli che sorreggono una grande conchiglia, ed è coronata da un putto che esce dalle fauci di un biscione, allusivo allo stemma araldico della famiglia Visconti.Viale Wern, invece, costeggia la Fontana di Diana ed Endimione. La fontana a laghetto è decorata con un gruppo scultoreo raffigurante Diana, la dea della caccia, il caratteristico pastore-cacciatore Endimione, e un cane, loro fedele compagno. Alla confluenza dei due viali si incontra l’Esedra Arborea, un angolo di villa molto scenografico. Si tratta di una siepe di lauro disposta a semicerchio (esedra) in cui sono state ricavate delle nicchie nelle quali sono state collocate dodici statue in arenaria, raffiguranti i mesi dell’anno. Di fronte alle statue si trovano siepi di bosso potate in forme fantasiose secondo la raffinata tecnica dell’arte topiaria. Dopo la confluenza tra viale Wern e viale Adolfo Leducq si apre uno slargo dove è sito il Casino Barberini, l’edificio principale della villa sede dell’Istituto italiano di studi germanici. Dalla torretta del terrazzo, rimasta immutata rispetto al disegno originario, si può vedere tutta la città fino ai Colli Albani. Sul davanzale sono collocate cinque statue settecentesche in arenaria. Di fronte al Casino si trovano la Fontana delle Sfingi, che presenta, all’interno di una vasca ovoidale in muratura, quattro sfingi rappresentanti le passioni umane o i vizi, e la Fontana dei Putti. Alle spalle del Casino sorge la cosiddetta montagnola. Molto caratteristico è il chioschetto dei glicini collocato proprio in cima alla montagnola vicino al tempietto circolare con una caratteristica cupola in ferro battuto. Il villino detto “il Castelletto”, sito presso l’entrata della villa, dovrebbe ospitare la sede definitiva del Museo della matematica.

Monte Mario
Il territorio della Riserva Naturale Monte Mario con i suoi 139 metri d’altezza è il rilievo più imponente del sistema dei colli denominati Monti della Farnesina e rappresenta per le sue caratteristiche ambientali un vero mosaico di diversità biologica ormai raro a Roma.Ad un’ampia presenza della vegetazione tipica mediterranea nelle zone più basse (leccio, sughera e cisto) si contrappone anche quella tipica di condizioni submontane nelle aree più alte (carpino, tiglio, acero, orniello, nocciolo, ligustro e corniolo). L’ antropizzazione dell’area ha fortemente disturbato la presenza di una fauna originaria: presenti oggi sono roditori (moscardino, topolino delle case, topo selvatico) e uccelli (pettirosso, merlo, codibugnolo, verdone, cardellino, taccola e storno). Già in epoca romana il colle ospitava le ville residenziali di poeti e nobili ed era attraversato dagli eserciti di ritorno dalle campagne militari lungo la via Trionfale percorsa in seguito i pellegrini che si recavano a Roma, divenendo l’ultimo tratto della via Francigena, il tracciato medievale cha da Canterbury giungeva a S.Pietro e ancora più a sud, a Gerusalemme. Dell’area fanno parte ville storiche tra cui Villa Mazzanti, sede di RomaNatura, e Villa Mellini, sede del celebre Osservatorio Astronomico.

Giardino degli Aranci
Parco Savello, più noto come Giardino degli Aranci, è un piccolo terrazzo sull' Aventino che affaccia sul Tevere. Da questo angolo, tra i più amati e frequentati della città, si gode una delle viste più belle di Roma. Dove si trova: Municipio I, quartiere Aventino Epoca: 1932 Estensione: 7.800 mq. Ingresso: piazza S. Pietro d'Illiria, via di S. Sabina, clivo di Rocca Savella Il Parco Savello si estende nell'area dell'antico fortilizio eretto dalla famiglia dei Savelli tra il 1285 e il 1287 presso la chiesa di Santa Sabina sull'Aventino, su un preesistente castello fatto costruire dai Crescenzi nel X secolo. L'attuale giardino fu realizzato nel 1932 da Raffaele de Vico, dopo che già agli inizi degli anni Venti del '900, con la nuova definizione urbanistica dell'Aventino, era stato previsto di destinare a parco pubblico l'area che i padri Domenicani della vicina chiesa tenevano a orto, in modo da offrire libero accesso alla vista da quel versante del colle, unendola con quella allora occupata dal Lazzaretto Comunale, corrispondente a parte dell'attuale Giardino di S. Alessio, per creare un nuovo belvedere da affiancare a quelli del Pincio e del Gianicolo. Il giardino, piantato ad aranci, con riferimento all'arancio presso cui predicava S. Domenico, fondatore dell'ordine, conservato nel vicino chiostro di S. Sabina e visibile tramite un foro aperto nel muro del portico della chiesa, ha ricevuto da de Vico un'impostazione rigidamente simmetrica, con un viale mediano in asse con il belvedere, che si apre in due slarghi: in quello di destra era in origine collocata la fontana realizzata da Giacomo della Porta per Piazza Montanara, e dal 1973 trasferita a piazza S. Simeone ai Coronari. L'ingresso principale, in Piazza S. Pietro d'Illiria, fu arricchito nel 1937 dal portale proveniente da Villa Balestra sulla via Flaminia.

Villa Paganini
Villa Paganini, situata su via Nomentana di fronte a Villa Torlonia, è stata riaperta al pubblico (2004) dopo un attento restauro svolto in collaborazione con la Sovraintendenza Comunale. Il ripristino del piccolo parco, sorto alla fine dell’Ottocento in seguito ai diversi interventi di trasformazione e riduzione della magnifica proprietà settecentesca del Cardinal Giulio Alberoni di cui faceva originariamente parte, è avvenuto seguendo le fonti documentarie, con l’obiettivo di restituire l’antico aspetto di giardino romantico assunto dal parco alla fine dell’Ottocento; è stato così ripristinato un piccolo laghetto con isolotto artificiale e riattivata la Grotta-Ninfeo. Un piacevolissimo giardino in cui fanno da sfondo gli eleganti prospetti dei palazzi in stile Novecento dell'attiguo quartiere Nomentano. Dove si trova: Municipio II, quartiere Nomentano Epoca: XVI-XX secolo Estensione: 25.400 mq. Ingressi: via Nomentana di fronte al n° 70 (Villa Torlonia), vicolo della Fontana, largo di Villa Paganini Le origini della Villa sono legate al cardinale Mariano Pierbenedetti da Camerino che acquistò la Vigna nel 1585 per trasformarla in residenza di prestigio. Di questo periodo rimane come unica testimonianza la fontana in marmo oggi posta all'angolo tra Via Nomentana e Vicolo della Fontana. Nel 1722 la tenuta venne acquistata dal Cardinale Giulio Alberoni che intraprese importanti lavori di sistemazione degli edifici e del giardino di cui rimane oggi visibile solo la fontana a parete addossata al piccolo fabbricato attiguo al Casino Nobile. Il bene passò poi nelle mani di numerosi altri proprietari che trasformarono la Villa ed il parco secondo il gusto romantico ottocentesco con tracciati viari sinuosi e irregolari, un laghetto rustico e diverse fontane. Quando nel 1890 la proprietà venne acquistata dal Senatore Paganini, tutta la vasta campagna circostante il Casino Nobile, coltivata a vigna e canneto, era man mano scomparsa sotto la pressione della crescente espansione edilizia, ed il parco lottizzato e frazionato in numerosi villini. Nel 1934 il Comune di Roma acquistò il complesso per destinarlo ad uso pubblico adibendo il Casino Nobile a sede scolastica ed affidò la sistemazione del parco a Raffele De Vico, architetto del Servizio Giardini. La Villa fu aperta al pubblico il 21 aprile del 1934 alla presenza di Benito Mussolini. Nel 1938, sul lato di via Nomentana, venne collocato il monumento ai caduti nella I Guerra Mondiale del quartiere Nomentano, opera di Arnaldo Zocchi (1862-1940). Negli anni '50, in una porzione interna del Parco, sono stati costruiti una serie di prefabbricati che ospitano scuole e locali di servizio.

Villa Balestra
Tra le tante ville nobiliari di Roma, Villa Balestra è una delle meno note e frequentate: è infatti custodita nel cuore dell’elegante e silenzioso quartiere Parioli, e proprio per questo può costituire una piacevole deviazione da scoprire senza fretta. L’attuale giardino pubblico è quello che resta della splendida villa cinquecentesca di proprietà del Cardinale Giovanni Poggi, adagiata sulla sommità dei Monti Parioli, al di sopra di un grande costone di tufo affacciato su viale Tiziano. Acquistata dal Cavaliere Giuseppe Balestra nel 1880, la villa fu smembrata a partire dal 1910 e oggetto di una pesante lottizzazione a partire dagli anni Cinquanta. Le principali fabbriche della villa originaria – tra cui il casino nobile con una splendida loggia citata da Vasari – sono oggi di proprietà privata e situate al di fuori del perimetro dei giardini. Grande poco meno di 15mila metri quadri, l’area dei giardini ha una forma ellittica ed è strutturata su due viali paralleli, con un’ampia spianata e tre grandi aiuole dove svettano alti pini marittimi e cipressi. I giardini ospitano uno spazio attrezzato con giochi per i più piccoli e un punto di ristoro. Lungo le pendici della collina si estende una vasta zona a verde caratterizzata da folta vegetazione e da grotte scavate nel tufo a mezza costa. Nonostante la sua semplicità, grazie alla sua posizione invidiabile la villa permette di godere di un meraviglioso panorama sulla città, con una prospettiva inconsueta. Dalla villa lo sguardo spazia dall’inconfondibile profilo di San Pietro sino a Monte Mario per poi scendere al Tevere e all’area del Foro Italico.

Giardini Vaticani
I Giardini Vaticani occupano circa due terzi della superficie della Città del Vaticano e sono il luogo di riposo e di meditazione del Pontefice sin dal 1279, quando papa Niccolò III riportò la residenza papale dal Laterano al Vaticano. All'interno delle nuove mura, che fece erigere a difesa della sua residenza, il Papa fece impiantare un frutteto (pomerium), un prato (pratellum) e un vero e proprio giardino (viridarium); questo primo nucleo sorse nei pressi del colle di Sant'Egidio, dove oggi si trova il Palazzetto del Belvedere ed i Cortili dei Musei Vaticani. Il periodo di maggiore sviluppo architettonico dei Giardini è comunque tra il Cinquecento e il Seicento, quando vi lavorano artisti e architetti come Donato Bramante e Pirro Ligorio (sua è la Casina di Pio IV) realizzando fontane, statue e tempietti. Grandi sono le testimonianze storico-artistiche rinvenibili nei giardini quali le antiche Mura Leonine e le due grandiose torri circolari, dette Torre della Radio e Torre Gregoriana, la fontana della Galera, la fontana dell’Aquila e la novecentesca grotta della Madonna della Guardia. A fare da sfondo a tutti questi importanti simboli della storia e della fede è la natura: piante, alberi, fiori, arbusti, rampicanti provenienti da ogni parte del mondo che rendono il giardino in qualunque stagione dell’anno un tripudio di colori, profumi. I Giardini che sono composti di varie zone (Giardino all'italiana, Giardino all'inglese, Orto del Papa) sono anche sede di uffici statali, come il Palazzo del Governatorato e il Tribunale di Stato, della direzione della radio statale (Radio Vaticana), della Stazione ferroviaria Vaticana e dell'ex Specola Vaticana.

Orto Botanico
Nel cuore della città, fra Via della Lungara e il Gianicolo, trovate questo luogo magico dove passeggiare lontano dal caos e godere dello spettacolo rappresentato dalla straordinaria varietà del mondo vegetale che qui viene preservata. Situato nel parco di Villa Corsini, un tempo residenza di Cristina di Svezia, e su parte dell’area archeologica denominata Horti Getae, anticamente costituita dalle terme di Settimio Severo, l’Orto Botanico, uno dei più grandi d'Italia, si inserisce a pieno titolo nella tradizione dei giardini dall’importante valore scientifico-naturalistico, come quella dei Giardini Vaticani dove nacque il primo esempio di orto botanico. Nel 1514, Papa Leone X istituì la prima cattedra per l’insegnamento delle piante medicinali. Quando la residenza dei papi si spostò al Quirinale, l’Orto Botanico vaticano venne completamente abbandonato. Fu Papa Alessandro VII Chigi (1655-1667) che decise di creare il nuovo Orto universitario sul Colle del Gianicolo. Nel 1883, dopo numerosi trasferimenti, l’Orto Botanico trovò la sua collocazione definitiva presso Villa Corsini alla Lungara, acquistata dallo Stato Italiano da Tommaso Corsini per la realizzazione dell’Accademia dei Lincei e del giardino botanico. Villa Corsini, prestigiosa residenza della nobiltà romana, possedeva già un importante valore artistico, grazie al restauro di Ferdinando Fuga autore anche di capolavori che è tuttora possibile ammirare all’interno del giardino, come la fontana degli undici zampilli e quella dei tritoni. Il primo direttore dell’orto, Pietro Romualdo Pirotta (1884-1928), realizzò da zero tutta l’area naturalistica che all’inizio era costituita solo dall’antico bosco a ridosso del Gianicolo e da due cedri del Libano. L’attuale Orto Botanico di Roma si estende su 12 ettari e conserva varietà naturalistiche provenienti da tutto il mondo. Le collezioni presenti in questo giardino magnifico sono di particolare interesse non solo per l’importanza scientifica ma anche, e soprattutto, per la modalità di coltivazione e ricostruzione scenografica degli ambienti, che può aiutarvi nella difficile opera di collocazione immaginaria delle specie nelle aree di origine. Tra le principali collezioni spicca quella dei monumentali alberi secolari come i platani orientali, le querce da sughero, i cerri, le roverelle, i cedri dell’Himalaya e degli oltre 300 esemplari ultrasecolari appartenenti a oltre 130 specie. La collezione di bambù è fra le più ricche in Europa, il Bosco mediterraneo, costituito in prevalenza da querce, testimonia, invece, della vegetazione che ricopriva in passato il Colle del Gianicolo. Notevole anche la collezione di Gimnosperme come sequoie, conifere, pini, abeti, larici, cedri del Libano, cipressi e ginepri. Nei circa 2.000 metri quadrati di serre, tra le più affascinanti troviamo quella delle orchidee, con circa 400 specie, dalla comune Cattleya fino alle orchidee “falena” o alla stranissima “vanda”, orchidea del sud-est asiatico dal fusto lunghissimo, e quella delle piante grasse, la Serra Corsini, risalente al 1800, che presenta innumerevoli esempi di queste piante “succulente”. Delle grandi vasche in muratura ospitano il Giardino degli Aromi le cui specie sono riconoscibili attraverso le loro caratteristiche tattili o olfattive. Tutte le piante sono corredate da cartellini in Braille per i non vedenti. Il Giardino Giapponese, con i suoi ciliegi, le camelie e le magnolie, presenta suggestivi giochi d’acqua, piccole cascate e due incantevoli laghetti. Nel Giardino Mediterraneo potete osservare le specie tipiche della macchia mediterranea; nel Giardino dei Semplici le piante medicinali, anche dette officinali; nella Valletta delle Felci una collezione di felci erbacee. Un laghetto, un ruscello e alcune vasche sono, invece, l’ambiente perfetto per le Piante acquatiche, mentre lo splendido Roseto, che potete apprezzare in tutto il suo splendore durante il mese della fioritura a maggio, presenta circa 60 specie che illustrano l’evoluzione del genere Rosa negli ultimi 2000 anni di storia dell’uomo. La consistente collezione di Palme, per numero di esemplari e presenza di specie rare, è stata inserita nelle liste rosse dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). La Serra tropicale, a temperatura e umidità rigorosamente controllate, è organizzata in aree a tema che testimoniano la grande biodiversità delle foreste tropicali. In Primavera, nel mese di aprile non potete perdervi l’Hanami, la meravigliosa fioritura dei ciliegi nel giardino giapponese. Per rendere l’esperienza ancora più coinvolgente, l’Orto Botanico organizza anche delle visite guidate gratuite ed eventi legati alla cultura giapponese. In Estate, potete assistere alle meravigliose fioriture tardive di fine estate, come quelle del giardino dei rododendri. L’Autunno, invece, è il periodo del foliage: le foglie delle numerose specie di aceri assumono variegate sfumature di colore che virano dal giallo, all’arancio, al rosso. L'Orto Botanico è attrezzato per i disabili con un sentiero dedicato e due mezzi mobili a batterie che permettono di usufruire anche dei percorsi in collina. L'Orto Botanico di Roma fa parte integrante del Dipartimento di Biologia Vegetale della Sapienza Università di Roma

Roseto Comunale
Uno straordinario spettacolo di profumi e colori con una magnifica vista che spazia dal colle Palatino al campanile di Santa Maria in Cosmedin, alla cupola della Sinagoga e al Vittoriano, fino all’osservatorio di Monte Mario. Il roseto si sviluppa sulle pendici dell’Aventino, appena sopra il Circo Massimo, in un luogo dedicato ai fiori fin dal lontano III secolo a.C. Tacito, negli Annales, parla di un tempio dedicato alla dea Flora, i cui festeggiamenti, i "floralia", si svolgevano in primavera nel Circo Massimo. Ricoperto di orti e vigne fino a tutto il XVI secolo, nel 1645 divenne l'Orto degli Ebrei, con annesso un piccolo cimitero a uso della comunità ebraica. Dal 1934, anno del trasferimento del cimitero ebraico al Verano, l'area venne destinata dal piano regolatore generale di Roma a parco. Rimase però incolta fino al 1950, quando divenne sede del nuovo roseto comunale. Come ringraziamento alla comunità ebraica che aveva permesso di ricreare il roseto in un luogo sacro, venne posta all'ingresso del giardino una stele in ricordo della precedente destinazione, e i vialetti che dividono le aiuole nell'area collezione assunsero la forma della menorah, il candelabro a sette bracci, simbolo dell'ebraismo. Il roseto ospita circa 1.100 specie di rose provenienti da tutto il mondo, persino dalla Cina e dalla Mongolia. Fra le più curiose, la Rosa Chinensis Virdiflora, dai petali di color verde, la Rosa Chinensis Mutabilis, che cambia colore con il passare dei giorni e la Rosa Foetida, una rosa maleodorante. Nell'area più vasta si trova la collezione di rose botaniche, antiche e moderne. Nella parte in basso, più piccola, si trovano i settori dove vengono dimorate le rose partecipanti al Premio Roma (a inviti) e la collezione delle rose che dal 1933, anno della prima edizione del premio sul Colle Oppio, hanno vinto questa prestigiosa manifestazione.

Il giardino di Villa Medici
Il giardino di Villa Medici, che si estende per più di 7 ettari da Nord a Sud, conserva ancora oggi in gran parte l’aspetto del XVI secolo. Quando, nel 1564, il cardinal Ricci acquistò la Casina Crescenzi situata sul “collis hortulorum”, il podere consisteva, molto probabilmente, in una semplice azienda agricola in mezzo a terreni coltivati a vigne. Vennero allora intrapresi grandi lavori di terrazzamento. Fu creato un giardino chiuso da mura attigue, a Nord, al vigneto di Santa Maria del Popolo, la cui pianta, divisa in sedici quadrati e sei parterre, era in armonia con i principi di composizione dell’epoca. Grazie ai lavori di irrigazione di Camillo Agrippa, matematico e ingegnere milanese, il luogo venne poi impreziosito con numerosi bacini e fontane. A partire dal 1570, sembra fosse stata in parte disposta una “silva” (o bosco) tra via Pinciana a Ovest, le Mura Aureliane a Est e la terrazza che chiude il giardino a Nord. Questa zona contiene ancora i resti interrati di un tempio romano probabilmente dedicato alla Fortuna. Quando Ferdinando de’ Medici acquistò il terreno dagli eredi di Ricci nel 1576, portò a termine la serie di lavori già iniziati. L’acquisto, nel 1580, della vigna di Giulio Bosco a Sud della “silva”, permise a Ferdinando di racchiudere definitivamente il sito della Villa tra le Mura Aureliane e via Pinciana. Egli creò così un nuovo asse Nord-Sud (il viale lungo), che collegava il giardino al Parnaso, una piccola collina artificiale che conteneva le rovine di un tempio antico. Si dice che con il Parnaso, il nuovo proprietario volesse porre questi luoghi sotto la protezione di Apollo. Quando, alla fine del XVI secolo, durante alcuni scavi archeologici venne scoperto il Gruppo scultoreo dei Niobidi, Ferdinando de’ Medici decise di comprarlo e di collocarlo in fondo al viale del giardino. Spogliati alla fine del XVIII secolo della maggior parte delle sculture, i giardini hanno comunque conservato fino all’inizio del XIX secolo la pianta originaria. E’ sotto il direttorato di Jean-Auguste-Dominique Ingres, che fu leggermente modificato il tracciato dei parterre di fronte alla Villa e furono piantati molti dei pini marittimi che costituiscono oggi la particolarità di questo luogo. Desideroso di restituire a questo luogo lo splendore di un tempo, il pittore Balthus, risistemò i parterre di fronte alla Villa, annullando così le modifiche fatte nel XIX secolo, fatta eccezione per i pini piantati da Ingres. A causa del degrado fitosanitario dei grandi pini e delle aiuole, si è deciso, a partire dal 2000, di restaurare i giardini dell’Accademia e di riportarli al loro aspetto originario. I giardini di Villa Medici sono aperti al pubblico per visite guidate durante tutto l’anno. Per maggiori informazioni, visita la pagina delle Visite guidate. Poiché i giardini sono sia uno spazio di lavoro per i giardinieri che uno spazio di vita per i borsisti e residenti di Villa Medici, i visitatori non sono autorizzati a circolare liberamente nei giardini al di fuori del quadro delle visite guidate e delle mostre temporanee all’aperto.