La Confessione è lo spazio sacro che si apre davanti l’altare maggiore della basilica per lasciare scorgere dall’alto la sepoltura di San Pietro.
Il termine “Confessione” evoca il martirio di Pietro sul colle vaticano, bagnato dal sangue dei protomartiri romani al tempo delle persecuzioni dell’imperatore Nerone.
Sotto l’altare papale sovrastato dal baldacchino di bronzo sul cui cielo è raffigurata la colomba dello Spirito Santo è riconoscibile la tomba di Pietro nella cosiddetta “Nicchia dei Palli”, così chiamata perché sul piano di questa nicchia alla vigilia della solennità dei Santi Pietro e Paolo vengono collocati i “palli”, le stole di lana bianca con croci nere che il Papa consegna agli arcivescovi metropoliti. La sua importanza è evidenziata dalle statue in bronzo dorato degli apostoli Pietro e Paolo, opera di Ambrogio Buonvicino del 1617, che la fiancheggiano.
La “Nicchia dei Palli” corrisponde all’edicola eretta nel II secolo sulla sepoltura di Pietro. Quella che ancora oggi ammiriamo è l’edicola funeraria che, pur con alcune trasformazioni e rivestimenti in mosaico, è rimasta intatta per quasi diciotto secoli.
Tra i mosaici laterali degli apostoli Pietro e Paolo, al centro della “Nicchia dei Palli”, vi è la raffigurazione in mosaico del Salvatore che sostiene il libro aperto del Vangelo su cui è scritto: ego svm via veritas et vita / qvi credit in me vivet (Io sono la Via, la Verità e la Vita; chi crede in me vivrà, Gv 14,6; 11,25).
La Cattedra di San Pietro
La “Cathedra Sancti Petri Apostoli” è ritenuta dalla tradizione il seggio episcopale di San Pietro: un antico trono di legno, simbolo del primato petrino e del magistero del papa, con placchette in avorio raffiguranti le fatiche di Ercole e con fregi, anch’essi d’avorio, di epoca carolingia (IX secolo).
Per custodirla, fu realizzato dall’architetto Gian Lorenzo Bernini un grandioso monumento in bronzo dorato, che venne ultimato nel 1666 dopo dieci anni di lavori particolarmente impegnativi e onerosi, soprattutto per la fusione delle statue e degli elementi in bronzo, del peso di 74 tonnellate. Il trono, con al suo interno la reliquia, è fiancheggiato da due angeli ed è sormontato dalle insegne papali delle chiavi e della tiara, che raggiunge l’altezza di 14,74 metri.
Sullo schienale è raffigurato Cristo che affida a Pietro la guida della Chiesa (“Pasce oves meas”, Gv 21, 15-17), mentre sui fianchi si scorgono i bassorilievi della “Consegna delle chiavi”, a destra (Mt 16, 18-19), e della “Lavanda dei piedi”, a sinistra (Gv 13, 5-11). Quattro statue alte quasi sei metri dei Dottori della Chiesa greca e latina sfiorano il seggio: le due anteriori rappresentano Sant’Ambrogio (a sinistra) e Sant’Agostino (a destra), mentre in secondo piano si ergono le statue di Sant’Atanasio (a sinistra) e San Giovanni Crisostomo (a destra). Sul basamento di marmo nero di Aquitania sono gli stemmi di papa Alessandro VII (1665-1667), che commissionò l’opera al Bernini.
Nella parte alta, la finestra centrale dell’abside è chiusa da una vetrata con la colomba dello Spirito Santo, che, collocata a circa 20 metri di altezza all’interno di una movimentata Gloria di angeli e putti in stucco dorato, è immediatamente visibile a chi varca la porta della basilica. In occasione della solenne festività della Cattedra di San Pietro, il 22 febbraio, il monumento berniniano viene illuminato con oltre cento candele.
La Tomba di San Pietro
La tomba di San Pietro si trova sotto l’altare maggiore della Basilica Vaticana.
Una fossa scavata sulle pendici meridionali del colle Vaticano, proprio davanti al circo che fu teatro delle persecuzioni contro i cristiani all’epoca dell’imperatore Nerone (54-68). Su questa modesta sepoltura, un secolo dopo il martirio dell’Apostolo fu costruita una piccola edicola funeraria, ricordata dal presbitero Gaio alla fine del II secolo, come riferisce lo storico Eusebio di Cesarea: “Io ti posso mostrare i trofei degli apostoli. Se infatti vorrai uscire verso il Vaticano o sulla via di Ostia, vi troverai i trofei di coloro che fondarono questa Chiesa” (Storia Ecclesiastica, 2, 25, 6-7).
Quell’edicola, generalmente chiamata “Trofeo di Gaio”, indicò ai primi cristiani la tomba di Pietro, che già prima di Costantino fu meta di devoti pellegrinaggi, testimoniati dai numerosi graffiti latini, con il nome di Cristo e Pietro, tracciati su una parete intonacata (“muro G”) in prossimità dell’edicola petrina.
In particolare, su un piccolo frammento di intonaco (cm 3,2 x 5,8), proveniente dal cosiddetto “muro rosso” sul quale si addossò l’edicola, vennero incise le seguenti lettere greche: PETR[…] ENI[…]. Il graffito è stato interpretato con la frase “Pétr[os] enì” (= Pietro è qui), oppure, sempre nella prospettiva della presenza di Pietro, con un’invocazione a lui rivolta: “Pétr[os] en i[réne]” (= Pietro in pace).
La presenza di questa sepoltura, rinvenuta nel corso delle celebri esplorazioni archeologiche del Novecento (1939-1949), determinò la nascita della prima grande basilica di San Pietro, edificata sulla tomba di Pietro nel IV secolo dal papa Silvestro e dall’imperatore Costantino e, successivamente, la costruzione della nuova basilica rinascimentale che prese il posto della precedente.
Il “Trofeo di Gaio”, che sopravvive nella “nicchia dei Palli” all’interno della Confessione Vaticana, fu racchiuso dall’imperatore Costantino in una teca marmorea ricordata da Eusebio di Cesarea come “uno splendido sepolcro davanti alla città, un sepolcro al quale accorrono, come ad un grande santuario e tempio di Dio, innumerevoli schiere da ogni parte dell’impero romano” (Teofania, 47). Sul monumento-sepolcro di Costantino si edificarono in seguito, con significativa continuità, l’altare di Gregorio Magno (590-604), l’altare di Callisto II (1123) e, nel 1594, l’altare di Clemente VIII, successivamente coperto dal baldacchino del Bernini sotto la cupola michelangiolesca.
La Necropoli
La Necropoli Vaticana si trova sotto il livello delle Grotte Vaticane, a una profondità compresa tra i tre e gli undici metri rispetto al pavimento della navata centrale della basilica. Qui è possibile riscoprire le testimonianze storiche e archeologiche più significative della basilica di San Pietro e ripercorrere l’antica strada in terra battuta che conduce alla tomba del Principe degli Apostoli.
La scoperta del sito risale ai primi anni del pontificato di Pio XII (1939-1958), che volle intraprendere una serie di esplorazioni archeologiche nell’area della Confessione Vaticana e nella parte centrale delle sacre grotte.
Al momento degli scavi tornarono alla luce gli edifici in laterizio del II secolo, un tempo all’aperto, divenuti nel IV secolo le fondazioni della prima basilica petriana. La necropoli era infatti ancora in uso quando fu interrata da Costantino, il quale ordinò la demolizione delle parti superiori degli edifici sepolcrali e il loro interramento, nella ferma volontà di costruire esattamente sulla tomba di Pietro la più grande basilica dell’Occidente: una basilica divisa in cinque navate da 88 colonne, un tempio maestoso che aveva il pavimento alla stessa quota del “Trofeo di Gaio”.
Fu un’impresa grandiosa, che comportò un movimento di terra di oltre 40.000 metri cubi per livellare il doppio scoscendimento del colle Vaticano, che appariva dolcemente in salita da est verso ovest, ma che era anche fortemente scosceso da nord verso sud in direzione della valle del circo. La necropoli che si estendeva sulle pendici meridionali del colle finì con il trovarsi sotto la navata centrale della basilica e fu pertanto indispensabile demolire la sommità degli edifici sepolcrali che superavano in altezza la quota stabilita per il pavimento della nuova chiesa. La basilica voluta da Costantino e da papa Silvestro, se da un lato determinò la fine della necropoli romana, dall’altro ne garantì la conservazione fino ai nostri giorni.
Un calcolo approssimativo delle tombe ad inumazione e ad incinerazione lascia supporre che i 22 edifici sepolcrali, rinvenuti nel corso degli scavi, furono progettati per ospitare circa 1000 sepolture. Di questa moltitudine di uomini, donne e soprattutto bambini, le iscrizioni ci hanno tramandato i nomi di alcuni personaggi provenienti da famiglie di liberti imperiali.
Le Grotte Vaticane
Le Grotte Vaticane si trovano al livello inferiore della Basilica di San Pietro e sono costituite da un sistema di volte realizzate tra 1590 e il 1591 per sostenere il pavimento dell’edificio rinascimentale. La loro origine è tuttavia più antica e risale a una variante di progetto che l’architetto Antonio da Sangallo il Giovane presentò a papa Leone X dopo la morte di Raffaello nel 1520.
Nel 1592 Clemente VIII Aldobrandini eseguì importanti lavori di ampliamento e sistemazione, rinnovando la cripta medievale, che da lui prese il nome “Clementina”, dove è ubicato l’altare del VII secolo in prossimità della tomba di Pietro (“ad caput Sancti Petri”).
Tra il 1616 e 1617, papa Paolo V realizzò i due corridoi rettilinei che conducono alla Confessione di San Pietro e aggiunse alle grotte le cappelle “del Salvatorello”, della Madonna “della Bocciata” e della Madonna “delle Partorienti”, che, assieme al peribolo attorno alla Confessione, fece affrescare al pittore Giovan Battista Ricci da Novara con pitture di carattere agiografico sui prodigiosi avvenimenti presso la tomba petrina e con illustrazioni di monumenti dell’antica basilica.
Al principio del Seicento, mentre si demolivano le ultime vestigia della vecchia basilica per il completamento del nuovo San Pietro, le grotte vaticane erano infatti divenute un luogo della memoria, una sorta di “museo” ante litteram, dove si esponevano, come reliquie della venerata e perduta chiesa, statue, mosaici, dipinti e iscrizioni, Qui si trovavano le ultime immagini – vedute interne ed esterne, alternate a riproduzioni di singoli monumenti – di quell’antica basilica che non si sarebbe più vista.
Successivamente, con papa Urbano VIII (1623-1644) furono ricavati, alla base dei grandi piloni che sostengono la cupola, quattro piccoli oratori – Santa Veronica, Sant’Elena, San Longino e Sant’Andrea – collegati alla basilica da altrettante scale elicoidali. Le quattro nuove cappelle, con i relativi accessi alle Grotte Vaticane, vennero progettate e realizzate da Gian Lorenzo Bernini e poi decorate da una squadra di valenti pittori: Agostino Ciampelli, Guidobaldo Abbatini e altri.
Dopo la metà del Novecento, ulteriori spazi di devozione vennero aggiunti attorno alla tomba di San Pietro con la costruzione e l’ampliamento delle cappelle Irlandese (1954), Polacca (1958 e 1982), Lituana (1970), dei Santi Patroni d’Europa (1981), Messicana (1992), e dell’oratorio con la tomba di Pio XII (1958), papa promotore delle difficili esplorazioni archeologiche che portarono alla scoperta della tomba di San Pietro e della Necropoli Vaticana. Vennero anche realizzati i due collegamenti delle grotte con l’esterno della basilica: a sud su Largo Braschi, a nord su Largo di San Gregorio l’Illuminatore.
Nel 1979 venne aperto un grande arco nella parte centrale delle grotte, per rendere visibile il frontale della Confessione con la Nicchia “dei Palli”, ovvero il luogo più vicino alla tomba di San Pietro. Attorno alla sepoltura dell’Apostolo si erano venute a disporre, come una corona, una serie di cappelle dedicate alla Madonna. Lo spazio centrale delle grotte dove si trovano le tombe dei papi successori di Pietro divenne così una sorta di basilica inferiore a tre navate.
La Basilica
Il 18 aprile del 1506, il sabato dopo la Pasqua, papa Giulio II (1503-1513) poneva la prima pietra della nuova Basilica di San Pietro nel luogo dell’attuale pilone di Santa Veronica (sud-ovest), che all’epoca si trovava all’esterno dell’antica chiesa costantiniana e medievale, sulla sinistra dell’abside.
Secondo la descrizione del cerimoniere Paride de Grassis, il papa scese nella profonda fossa di fondazione (7,45 m) tramite una scaletta allestita per l’occasione, vestito in abiti pontificali. Dopo una breve cerimonia il pontefice posò la prima pietra marmorea della nuova basilica e depose nel terreno un recipiente di terracotta con dodici medaglie modellate da Cristoforo Foppa, detto il Caradosso, per commemorare la fondazione dell’erigendo edificio.
Iniziava così un’avventura artistica e spirituale senza precedenti, che sarebbe durata oltre un secolo, attraverso 20 pontificati. Pur adottando di volta in volta progetti e soluzioni architettoniche diverse, i papi del Rinascimento non vollero mai discostarsi dalla precedente tradizione, che poneva al centro della Basilica la tomba di San Pietro. Per il compimento del maestoso edificio si avvalsero dell’opera di alcuni tra i più noti architetti del Rinascimento, come Fra’ Giovanni Giocondo (1433-1515), Raffaello Sanzio (1483-1520), Giuliano da Sangallo (1445-1516), Antonio da Sangallo (1485-1586), Baldassarre Peruzzi (1481-1536), Michelangelo Buonarroti (1475-1564), Jacopo Barozzi da Vignola (1507-1573), Giacomo della Porta (1533-1602) e Carlo Maderno (1556-1629). Quest’ultimo completò la Basilica erigendone la facciata tra il 1608 e il 1612. Nel Seicento si deve a Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) la grandiosa Piazza San Pietro, mentre al Settecento risalgono importanti decorazioni all’interno della Basilica.
La Cupola
La cupola della Basilica di San Pietro fu ideata e costruita fino al tamburo da Michelangelo Buonarroti e portata a termine, dopo la morte del maestro, dall’architetto Giacomo della Porta che vi lavorò insieme a Domenico Fontana dal 1588 al 1590, riuscendo a voltare la cupola in soli 22 mesi grazie all’opera incessante di 800 operai. La cupola, “a doppia calotta con intercapedine”, assunse allora una forma ogivale, più slanciata rispetto all’iniziale progetto. Il 18 novembre del 1593 si collocò sulla cuspide della lanterna la grande sfera in bronzo dorato sormontata dalla croce, opera di Sebastiano Torrigiani. Papa Clemente VIII (1592-1605), nel porre fine alla grandiosa impresa costruttiva, volle ricordare in un’iscrizione sull’anello a chiusura della lanterna l’opera compiuta da Papa Sisto V: “s. petri gloriae sixtvs pp. v. a. mdxc pontif. v” (“A gloria di San Pietro, papa Sisto V, nell’anno 1590, il V del suo pontificato”).
Sul fregio in mosaico all’imposta della cupola è invece scritto, a grandi lettere azzurre su fondo oro: tv es petrvs et svper hanc petram aedificabo ecclesiam meam et tibi dabo claves regni caelorvm (“Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e ti darò le chiavi del Regno dei Cieli”, Mt 16, 18-19).
Papa Clemente VIII fece rivestire la superba mole michelangiolesca con una raffinatissima decorazione musiva realizzata da numerosi mosaicisti sotto la direzione di Marcello Provenzale tra il 1598 e il 1613. La superficie della cupola (circa 3000 mq), suddivisa da costoloni in sedici scomparti cuneiformi con campiture e spazi preordinati, fu interamente coperta con immagini su un fondo di un cielo di stelle dorato. Procedendo dall’alto verso il basso, si riconoscono le seguenti figure: 1. Eterno Padre con la mano tesa in un gesto di benedizione; 2. Serafini; 3. Angeli; 4. Cherubini; 5. Angeli (alcuni con simboli della passione); 6. Redentore, San Giovanni Battista, Madonna, San Paolo e gli Apostoli; 7. Patriarchi e Vescovi.
La calotta interna della lanterna raggiunge 117 metri di altezza, mentre la croce sulla sommità della cupola si trova a oltre 133 metri di altezza.
Il Museo del Tesoro della Basilica di San Pietro
Il “Museo della Basilica di San Pietro” consiste nell’esposizione di quello che è noto come Tesoro di San Pietro. Si tratta dunque, essenzialmente, di una raccolta di suppellettile liturgica, utilizzata un tempo per lo svolgimento delle funzioni sacre nella Basilica, ma ormai ritirata dall’uso.
Per questo motivo si può dire che il Tesoro di San Pietro sia nato insieme alla Basilica stessa; che la storia della Basilica e quella del suo tesoro siano trama e ordito di un solo tessuto narrativo.
Nel corso dei secoli il Tesoro di San Pietro ha vissuto lunghi periodi di lento, ma continuo arricchimento, intervallati però da momenti di improvviso e drammatico depauperamento.
I violenti saccheggi di cui sono state vittime più volte la Basilica vaticana e, talvolta, l’intera città di Roma, hanno comportato la dispersione del Tesoro di San Pietro. Ciò avvenne in età tardoantica, per mano dei Visigoti (410 d.C.), dei Vandali (455) e degli Ostrogoti (545). Nuove razzie si verificarono anche nel corso del Medioevo – ad opera dei Saraceni (830, 846) e dei Normanni (1084) – e nella prima Età Moderna, per mano dei Lanzichenecchi (1527).
In tempi più recenti il Tesoro ha patito gravi requisizioni, sul finire del Settecento, in occasione dell’occupazione di Roma e dello Stato pontificio da parte dei Giacobini (1798-1799).
Dopo ognuno di questi eventi traumatici il Tesoro di San Pietro si è sempre riformato, sulla base di quel che era sopravvissuto, grazie alla generosità di alcuni benefattori che vollero lasciare in dono alla Basilica vaticana un segno tangibile della loro devozione all’apostolo Pietro.
Dall’XI secolo l’officiatura liturgica della Basilica vaticana – e con essa la custodia del Tesoro di arredi liturgici, paramenti e vasi sacri – è affidata al Capitolo di San Pietro.
Fino agli inizi del Novecento il Tesoro di San Pietro non era aperto al pubblico. Solo su richiesta i canonici del Capitolo lo mostravano a studiosi o ad ospiti di riguardo. Nel 1909 si giunse ad una prima sistemazione museale del Tesoro, articolata su due sale soltanto. Oltre alla suppellettile liturgica vennero esposti anche altri oggetti legati alla storia della Basilica e alcune opere d’arte.
Dopo un primo ampliamento del Museo, nel 1949, una più significativa trasformazione si ebbe in vista del Giubileo del 1975, per cura dell’architetto Franco Minissi. Vennero completamente rivisti i criteri espositivi, e si mirò alla valorizzazione delle singole opere, secondo il principio del “protagonismo degli oggetti” esposti.
Negli anni che seguirono il museo ha subito diversi cambiamenti e nuovi allestimenti, che ne hanno ancora modificato l’assetto. A cinquant’anni dalla sua realizzazione e nella prospettiva dell’ormai prossimo Giubileo è allo studio un nuovo progetto di riqualificazione e valorizzazione del Museo.
Il Museo del Tesoro della Basilica è aperto negli orari di apertura della Basilica.
La Piazza
Voluta da papa Alessandro VII, Piazza San Pietro fu progettata dall’architetto Gian Lorenzo Bernini. Venne completata nel 1667, dopo undici anni di intensi e onerosi lavori. La piazza è costituita da uno spazio “ovale a tre centri” (196×149 m) con colonnati semicircolari raccordati alla basilica da “bracci” o ambulacri chiusi, che delimitano un’ampia area di forma trapezoidale, con il lato maggiore costituito dalla facciata.I due emicicli colonnati si aprono come un grande abbraccio a Roma e al mondo. Sulla sommità del colonnato, costituito da 284 colonne disposte su quattro file, alte 16 metri, si ergono 140 statue alte più di tre metri.
Lo spazio della piazza è dominato dallo sguardo materno della Madonna col Bambino, “Madre della Chiesa”. Si tratta di una grande copia in mosaico della quattrocentesca icona della “Mater Ecclesiae” (“Madre della Chiesa”) venerata con questo titolo all’interno della basilica presso la Cappella della Madonna “della Colonna”.
Al centro della piazza si erge l’obelisco vaticano, sormontato dalla croce salvifica di Cristo. Proveniente dal circo di Caligola e di Nerone, rende vivido il ricordo della crocifissione di Pietro e dei supplizi subiti dai protomartiri romani dopo l’incendio di Roma dell’anno 64.
Il Capitolo di San Pietro
Il Capitolo di San Pietro è un collegio di clero, nato nella seconda metà dell’XI secolo, con il compito di garantire la cura liturgico-sacramentale della Basilica di San Pietro.
Inizialmente ne faceva parte un numero variabile di canonici, posti sotto la direzione del cardinale arciprete della Basilica vaticana. Solo nella seconda metà del Duecento si iniziò a definire per statuto l’organico capitolare, che, per progressivi ampliamenti, nel secolo scorso giunse a contare quasi cento persone.
Nei primi secoli della sua storia il Capitolo di San Pietro ha rappresentato un riflesso della società cittadina, legando le proprie fortune a quelle di alcune fra le famiglie più in vista della città di Roma, quella degli Orsini su tutte. Dalla seconda metà del Quattrocento, però, fra i canonici di San Pietro la presenza di forestieri si è fatta via via più significativa, facendo del Capitolo una compagine sempre più cosmopolita.
Il prestigio dato ai canonici di San Pietro dalla loro specifica funzione in seno al clero romano e dalla particolare sacralità della Basilica vaticana, ove erano chiamati ad esercitare il proprio ministero, trova riscontro nella generosità continuamente mostrata al Capitolo dai pontefici.
Il ruolo dei canonici, tuttavia, non si esauriva con la salmodia corale e con le quotidiane celebrazioni eucaristiche: nei suoi primi secoli di vita al Capitolo era affidata anche la cura materiale della Basilica. Dall’avvio dei lavori di edificazione della Basilica attuale (1506), però, tale mansione è passata progressivamente alla Fabbrica di San Pietro. Di contro, più o meno negli stessi tempi, con l’intensificarsi dell’urbanizzazione dell’area intorno alla Basilica i canonici hanno visto crescere i propri compiti di cura pastorale.
Altre importanti mansioni istituzionali del Capitolo di San Pietro, sin dagli inizi, furono l’amministrazione del patrimonio della Basilica e la custodia della suppellettile ecclesiastica (e ancor oggi il Capitolo è custode del Tesoro di San Pietro, esposto nel Museo della Basilica). Il compito di amministrare il patrimonio di San Pietro, tra l’altro, ha comportato a lungo anche la responsabilità della cura materiale e dell’officiatura di una estesa rete di chiese filiali, situate in diverse regioni d’Italia.
Oltre ai loro compiti istituzionali, i canonici di San Pietro si sono distinti a lungo nella promozione di culti devozionali: ad esempio ispirando la nascita e l’attività dell’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento, o promovendo il culto della Vergine Maria, tramite la solenne incoronazione di immagini mariane, dapprima solo a Roma, ma poi anche in altre italiane e nel resto mondo.
Anche in campo sociale il Capitolo di San Pietro ha mantenuto per secoli uno stretto legame con la città, provvedendo ad erogare ogni anno decine di doti nuziali a ragazze bisognose.
Al momento è in corso una revisione degli statuti capitolari, tesa ad attualizzare il profilo dell’ente, adattandolo alle rinnovate esigenze spirituali e devozionali dei nostri tempi.
La Fabbrica di San Pietro
Dalla posa della prima pietra il 18 aprile 1506, quando papa Giulio II diede inizio alla riedificazione della nuova Basilica Vaticana, fino al tempo attuale, la Fabbrica di San Pietro è l’istituzione della Santa Sede alla quale sono state affidate la ricostruzione e successivamente la conservazione, la manutenzione e la fruizione della basilica edificata sulla sepoltura dell’apostolo Pietro.
Fa parte delle istituzioni collegate con la Santa Sede e ad essa è delegato il compito di occuparsi di tutto ciò che riguarda la Basilica di San Pietro in Vaticano, così come ribadito dalla costituzione apostolica Praedicate Evangelium, promulgata da papa Francesco il 19 marzo 2022: «La Fabbrica di San Pietro si occupa di tutto quanto riguarda la Basilica Papale di San Pietro, che custodisce la memoria del martirio e la tomba dell’Apostolo, sia per la conservazione e il decoro dell’edificio, sia per la disciplina interna dei custodi e dei pellegrini e dei visitatori, secondo le norme proprie. Nei casi necessari il Presidente e il Segretario della Fabbrica agiscono d’intesa col Capitolo della stessa Basilica» (art. 244).
La Fabbrica di San Pietro è dunque un ente vivo e rappresenta un raro esempio di operatività di lungo termine, essendo ormai giunta al suo sesto secolo di vita. La sua longevità e il suo Archivio Storico ne tramandano la storia qualificandola come un’istituzione esemplare “del sapere e del saper fare”, con una struttura economica e amministrativa efficiente in grado di capitalizzare le conoscenze acquisite per far fronte alle esigenze della Basilica Vaticana. La Fabbrica ha rappresentato un autorevole modello di pratica edilizia nell’età moderna, applicando delle politiche del lavoro innovative per la formazione delle maestranze sanpietrine, per il sostegno dei salari in situazioni di particolare bisogno, per l’assistenza alle famiglie e per la tutela della malattia e della vecchiaia. Un aspetto luminoso della storia della Fabbrica è inoltre la presenza di donne nel cantiere petriano ˗ dalla fase costruttiva a quella decorativa ˗ ingaggiate nelle stesse mansioni e a pari salario dei loro colleghi uomini.
Un’istituzione al servizio del Papa, animata dalla fede e dalla pietà cristiana; un organismo costituito da uomini e donne che con il loro lavoro continuano oggi a dedicarsi alla tutela e alla valorizzazione della Basilica di San Pietro e all’accoglienza dei pellegrini, fedeli e visitatori che sempre più numerosi giungono in questo luogo da tutto il mondo.
Papa Francesco ha conferito nel febbraio del 2021 al cardinale Mauro Gambetti, già Custode del Sacro Convento di San Francesco in Assisi, gli incarichi di Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, di Arciprete della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano e di Presidente della Fabbrica di San Pietro.
La Pietà di San Pietro
“… non fatta di marmo da mano mortale, ma discesa divinamente dal Paradiso!”
Con queste parole Benedetto Varchi definiva la Pietà di San Pietro nell’orazione funebre per Michelangelo in San Lorenzo a Firenze, e Giorgio Vasari nel vederla gridò al miracolo: “certo è un miracolo – scrisse – che un sasso, da principio senza forma nessuna, si sia mai ridotto a quella perfezione, che la natura a fatica suol formare nella carne”.
Una scultura di sovrumana bellezza e perfezione, scolpita nel 1498 da un giovanissimo Michelangelo – aveva appena ventitré anni – su commissione del Cardinale francese Jean de Bilhères Lagraulas per la sua tomba nella Cappella del Re di Francia in San Pietro, cappella oggi non più esistente che si trovava sul fianco meridionale dell’antica basilica.
“Una Vergine Maria vestita con Cristo morto in braccio, grande quanto sia un homo iusto” – così è definita nel contratto – una statua realizzata in un unico blocco di marmo di Carrara in soli nove mesi di tempo. Un capolavoro sul quale Michelangelo volle lasciare scritto il suo nome (cosa che non fece per nessun’altra opera), perché – come riferisce il Vasari – “sodisfatto e compiaciuto s’era di se medesimo” e “perché si scorge in quella tutto il valore et il potere dell’arte”.
michael āgelvs bonarotvs florent facieba (“Michelangelo Bonarroti fiorentino faceva”), queste parole sono infatti incise sopra la cintura che traversa il petto della Madonna: “l’iscrizione riposa – come scrive Giovanni Papini – sopra il cuore stesso della Madre”. Una Madre che è più giovane del Figlio, perché Immacolata e senza peccato e perché di Nostro Signore la Vergine Maria è nel contempo Madre, Figlia e Sposa, come scrisse Nanni di Baccio Bigio nel 1549 e come ricorda Dante nell’ultimo canto del Paradiso:
Vergine madre, figlia del tuo figlio
umile e alta più che creatura
termine fisso d’etterno consiglio
tu sé colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo Fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
La Vergine Madre, “umile e alta più che creatura”, mostra al mondo il corpo di Gesù, che quasi non osa toccare perché il Figlio, “generato, non creato”, è ora riunito al Padre. La mano destra di Maria – divenuta madre di tutti per volontà di Nostro Signore in croce – è per così dire “velata”da un lembo di tessuto, mentre la sinistra invita i fedeli alla contemplazione e all’adorazione, compiendo un gesto eloquente e molto evidente. Quel corpo apparentemente inerte, pietosamente adagiato sul sudario disteso sul grembo della madre, è già divino: sono svaniti i segni della flagellazione, della corona di spine, del martirio e delle cadute sulla via del Calvario. I fori dei chiodi sulle mani e sui piedi, come pure la ferita sul costato, hanno solo valore simbolico e non compiutezza descrittiva post mortem.
Un Cristo “morto” che tuttavia ha già in sé la “Vita” del Risorto: una linfa vitale lo percorre e la morte non ha in quel corpo, meravigliosamente scolpito, la sua vittoria definitiva.
Sono accessibili da pellegrini e visitatori:
– La Basilica di San Pietro
– Il Museo del Tesoro della Basilica di San Pietro
– La Cupola della Basilica di San Pietro
– La Necropoli vaticana
– Le Grotte vaticane
Per alcuni dei siti elencati sono disponibili servizi di visita con guida dedicata e servizi di audioguida.
Visita con guide
Per la visita con guida alla Basilica e agli altri siti d’interesse elencati la Basilica di San Pietro rende disponibili guide formate e accreditate dalla Fabbrica di San Pietro. Il servizio di visita con le guide accreditate dalla Fabbrica di San Pietro è richiedibile soltanto presso il Desk Visite, posizionato nel portico della Basilica di San Pietro.
Orari visite
dal lunedì al sabato, dalle ore 9:30 alle ore 17:30 (ultima registrazione alle ore 17:00);
la domenica e festivi Vaticani, dalle ore 13:30 alle ore 15:30 (ultima registrazione alle ore 15:00).
Visita guidata alla Basilica
Visita con guida dedicata
Dal lunedì al sabato le visite sono erogate alle ore:
10:30 (in lingua lingua italiana, inglese, spagnola e francese) ;
12:00 (in lingua lingua italiana, inglese, spagnola e francese):
15:30 (in lingua lingua italiana, inglese, spagnola e francese).
La domenica la visita parte alle ore 14:00 e viene erogata in lingua italiana e inglese.
biglietto intero al costo di 18€;
biglietto ridotto al costo di 13€.
Audioguida
Il servizio è disponibile dal lunedì alla domenica dalle ore 8:30 fino alle 17:30. Le audio guide sono disponibili in lingua italiana, inglese, spagnola, francese, tedesca, russa, giapponese, coreana, polacca, portoghese e cinese;
biglietto intero al costo di 8€;
biglietto ridotto al costo di 6€.
Vai alla Basilica
Visita guidata alla Necropoli vaticana
Le visite sono erogate lingua italiana, inglese, spagnola, francese, tedesca, russa, polacca, portoghese, ungherese, cecoslovacca e olandese.
è vietato l’accesso ai visitatori sotto i 15 anni di età ed è vietato portare con sé oggetti ingombranti o apparati fotografici. Un deposito per questi oggetti, gratuito e custodito da personale interno, è presente a destra della facciata della Basilica. La visita è inoltre vivamente sconsigliata alle donne in gravidanza e a coloro che hanno problemi di claustrofobia.
La Necropoli è visitabile:
dal lunedì al venerdì, dalle ore 8:00 fino alle 18:00 con partenza ultima visita alle ore 16:30
il sabato, dalle ore 8:00 fino alle 14:00 con ultima partenza alle ore 12:30
Il costo del biglietto intero è di 16€, quello del biglietto ridotto è di 10€.
Orari di apertura e chiusura della Basilica
Periodo estivo(1 aprile – 30 settembre) 7:00 – 19:10
Periodo invernale (1 ottobre – 31 marzo) 7:00 – 18:30
Orari di apertura e chiusura della Cupola
Periodo estivoApertura 7:30 Chiusura 18:00 (se c’è maggior affluenza di persone in coda la chiusura è anticipata alle 17:30)
Periodo invernaleApertura 7:30 Chiusura 17:00
Visita al Museo del Tesoro della Basilica di San Pietro
Servizio visita libera
dal lunedì alla domenica dalle ore 7:30 fino alle 18:30
ultimo ingresso per il Museo alle ore 17:50
ultimo ingresso per i punti vendita alle ore 18:15
Biglietti:
biglietto intero al costo di 9€
biglietto ridotto al costo di 7€
Auricolari Gruppi
Per i gruppi sono obbligatori gli auricolari ( costo € 1.50 a persona) che si possono noleggiare anche direttamente ai Basilica.